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Multa Antitrust da 5 milioni a Poste: “La mancata consegna delle raccomandate danneggia consumatori e giustizia. Ritardi causano la prescrizione dei reati”

Il gruppo, secondo l'authority, ha promosso in maniera "ingannevole" il servizio di recapito delle raccomandante e del servizio di Ritiro digitale. In alcuni uffici presi a campione più del 40% delle missive non veniva consegnato al destinatario. L'azienda aveva "piena consapevolezza in ordine alla gravità ed entità del fenomeno" ma "i provvedimenti adottati dai responsabili sono consistiti (...) nella mera sensibilizzazione degli operatori". La replica di Poste: "Accuse inaccettabili, sconcertante il riferimento alla giustizia"

Nelle pubblicità Poste italiane usava claim come “Da sempre, la raccomandata è sinonimo di certezza“. Ma l’autorità Antitrust, che vigila anche sulle pratiche commerciali scorrette, ha accertato che quella promozione era “ingannevole“. Perché, come si legge nel provvedimento con cui ha multato il gruppo per 5 milioni di euro (la sanzione più alta possibile per questi casi), Poste “talvolta utilizza per comodità il deposito dell’avviso di giacenza della raccomandata nella cassetta postale anche quando sarebbe stato possibile consegnarla nelle mani del destinatario”. E quel “talvolta”, nei mesi presi a campione, corrispondeva in alcune zone a più del 40% dei casi. Un modus operandi che ha causato non solo “notevolissimi danni ai consumatori” ma anche, in alcuni casi, la “prescrizione dei reati” causa “non corretta e tempestiva” esecuzione delle notifiche degli atti giudiziari. Accuse che ora Poste italiane definisce “sconcertanti”, annunciando un imminente ricorso al Tar.

“Piena consapevolezza della gravità del fenomeno” – Secondo l’Autorità, l’azienda aveva “piena consapevolezza in ordine alla gravità ed entità del fenomeno”, che – come dimostrano molti reclami – è continuato anche durante il lockdown. Quando i cittadini erano chiusi in casa ma nonostante questo continuavano a trovare nelle cassette della posta avvisi di giacenza di missive che i postini non avevano mai tentato davvero di consegnare nelle loro mani. Lo stesso è successo a persone “costrette a casa in quanto portatrici di handicap“. Eppure “Poste si è limitata ad inviare mere lettere di richiamo ai responsabili dei vari uffici, con invito a osservare la regolarità delle procedure”. A conti fatti, “i provvedimenti adottati dai responsabili sono consistiti (…) nella mera sensibilizzazione degli operatori a porre “la massima attenzione durante l’espletamento del servizio””.

“Non si riscontra da parte di Poste”, commenta l’Antitrust, “il normale grado di competenza e attenzione che ragionevolmente ci si può attendere, avuto riguardo alla qualità del professionista ed alle caratteristiche dell’attività svolta”. Ma, di fronte a questo comportamento, l’authority ammette che la sanzione è insufficiente per poter rappresentare un “deterrente” dato che il fatturato del gruppo è stato l’anno scorso di 3,492 miliardi di euro. Colpa del fatto che “non è stata ancora recepita nell’ordinamento nazionale la Direttiva Europea 2019/2161 che fissa il massimo edittale della sanzione irrogabile al 4% del fatturato annuo”.

“Più del 40% di raccomandate non consegnate in un campione di uffici” – Le pubblicità di Poste erano piene di frasi elaborate nel descrivere l’affidabilità del servizio: “Le tue comunicazioni più importanti, quelle che fanno la differenza nella tua vita, devi sapere dove sono, quando arriveranno, chi le riceverà”, è uno degli esempi citati. Ma, nel motivare la sanzione, l’Authority rivela che è stata di oltre il 40% la percentuale di “inesitate” – ovvero raccomandate non ritirate al passaggio del postino – registrata nei mesi di gennaio, luglio, agosto, settembre e ottobre 2019 negli uffici postali di Sant’Angelo Lodigiano, Grado, Pordenone, Vimercate e in molti sportelli di Genova. Solo “a titolo esemplificativo”, precisa il provvedimento, che sottolinea come un report acquisito agli atti “evidenzia la ricezione da parte di Poste, nel periodo compreso tra gennaio 2018 e ottobre 2019, di circa 4.300 reclami aventi ad oggetto: avviso di giacenza senza tentativo di recapito, comportamento non corretto del portalettere, mancata/irregolare compilazione dell’avviso di giacenza”.

“Omesse o scritte in caratteri minuscoli le informazioni sui limiti al ritiro digitale” – L’altra contestazione dell’Antitrust riguarda il Ritiro Digitale, pubblicizzato come “il servizio di Poste Italiane per ritirare online le raccomandate”. In questo caso uno degli slogan era: “Diresti mai che sto ritirando una raccomandata? Con ritiro digitale potrai ritirare le tue raccomandate comodamente online, ovunque ti trovi quando vuoi anche dal divano”. Frasi che “inducono i consumatori a ritenere di poter ritirare online qualsiasi tipologia di raccomandata loro indirizzata senza limitazioni”. Ma non è vero, spiega l’Antitrust: il servizio “consente all’utente destinatario sottoscrittore del servizio considerato di ritirare online le raccomandate a condizione che il mittente abbia attivato la relativa funzionalità. Inoltre, come emerge dalla documentazione contrattuale, il servizio non è disponibile per invii non originati elettronicamente”, cioè se il contenuto è scritto a mano. I messaggi pubblicitari diffusi su internet e facebook, però, “non contengono indicazioni in merito all’esistenza di tali limitazioni, mentre “le Direct Mailing 71, i flyer distribuiti dai portalettere presso le abitazioni e negli uffici postali, le locandine e le Ricevute A5, riportano le limitazioni in note poste in fondo alla pagina o sul retro dei volantini, con caratteri minuscoli o di piccole dimensioni”.

La replica di Poste: “Sconcertante” – Tutte accuse che ora Poste Italiane rimanda al mittente, replicando con durezza. Sono “inaccettabili i contenuti del comunicato” dell’Autorità Antitrust, si legge in una nota diramata in queste ore. Ed è “sconcertante il riferimento ai gravi danni al sistema Giustizia del Paese”. L’intenzione dell’azienda adesso è quella di tutelare “con fiducia nel sistema giudiziario italiano, la propria immagine e reputazione, i propri diritti e la correttezza delle proprie condotte” con un ricorso al Tar.