Mondo

Beirut, Oxfam: “A un mese dall’esplosione 70mila persone hanno perso il lavoro e non hanno i soldi per mangiare né ricostruire casa”

La deflagrazione che ha distrutto il porto e parte della città ha colpito un paese già in default con il 50% della popolazione al di sotto la soglia della povertà. Da allora l'organizzazione umanitaria lavora con altre ong libanesi. Sono 9mila le persone che ricevono aiuto: distribuzione di cibo, assistenza sanitaria e psicologica, sostegno attraverso il cash for work, supporto alla ricostruzione di case e imprese, consulenza legale

A un mese dall’esplosione che ha causato 200 vittime e oltre 300mila sfollati, Beirut è ancora in ginocchio con decine di migliaia di persone che non hanno risorse per comprare cibo, né per rendere di nuovo abitabili le proprie case. Questo anche a causa dell’inflazione alle stelle. Basti pensare che il costo di una porta, all’incirca mille dollari, equivale al valore di due stipendi. Ma la deflagrazione che ha distrutto il porto di Beirut e parte della città ha colpito un paese già in default con il 50% della popolazione al di sotto la soglia della povertà. “La lira libanese – ricorda Oxfam – è svalutata dell’80% da ottobre, i lavoratori migranti sono lasciati per strada, il denaro liquido è praticamente inaccessibile e il Coronavirus ha lasciato senza lavoro migliaia di lavoratori occasionali”. Il tutto nel contesto del Paese che ospita più rifugiati al mondo in rapporto alla popolazione: quasi un abitante su cinque è un profugo siriano.

GLI EFFETTI DELL’ESPLOSIONE – Centinaia di migliaia di persone hanno ancora bisogno di aiuti immediati: cibo, riparo, acqua. Il Paese che importava la maggioranza del cibo necessario al proprio fabbisogno (l’80% dei cereali ad esempio), dopo che il suo principale porto è stato distrutto, sta esaurendo giorno dopo giorno, le scorte di cibo, medicine, beni di prima necessità. “Dopo l’esplosione si calcola che 70mila persone siano rimaste senza lavoro, con un tasso di disoccupazione arrivato al 33%, mentre l’inflazione ha portato i prezzi dei materiali da costruzione alle stelle, proibitivi per chi già prima dell’esplosione faticava a vivere”, spiega Paolo Pezzati, responsabile per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. Basti pensare che il salario minimo è al di sotto dei 450 dollari al mese, mentre sostituire una finestra ne costa 500”. Un metro quadro di vetro di media qualità costava 16 dollari prima dell’esplosione, mentre dopo il 4 agosto, il costo di un metro quadro di vetro con cornice di alluminio è schizzato a 500 dollari. Nelle aree più vicine al disastro, metà degli stabilimenti che operavano nel commercio all’ingrosso, dei negozi e delle strutture di ricezione è completamente distrutta. “Nei quartieri più colpiti – aggiunge Pezzati – il reddito delle famiglie è medio-basso, a volte al di sotto del salario minimo. Chi ha perso il lavoro non ha nemmeno i soldi per mangiare, figurarsi per ricostruire la casa”.

LE STORIE – Lo sa bene Anto, 25 anni, parrucchiere. Seduto sul tetto della sua casa, danneggiata dall’esplosione, ha raccontato ai volontari di Oxfam l’accaduto: “Al momento dell’esplosione la casa mi è caduta addosso: avevo frammenti di vetro in bocca e su tutto il corpo. Ho visto le mani di mio padre strappate via dall’urto. Non ho mai visto niente del genere”. Tony, 53 anni, è un autista di autobus e vive con sua sorella e sua zia. Ha raccontato che era appena arrivato a casa e che stava cenando quando è avvenuta l’esplosione: “La forza dell’esplosione ha scaraventato il suo piatto sul soffitto. Tutti in casa pensavano che si trattasse di un attacco al quartiere, è stato come un terremoto”.

PREVENIRE IL CONTAGIO – Tutto accade mentre il Coronavirus non dà tregua e un test sierologico costa 100 dollari: inaccessibile per la maggior parte delle persone. I contagi che hanno superato quota 18.900 e crescono di centinaia al giorno, mentre le strutture sanitarie fanno sempre più fatica a rispondere ai bisogni della popolazione. Una situazione sanitaria sempre più grave, che ha fatto scattare il lockdown, lo scorso 21 agosto. Dallo scoppio dell’emergenza, Oxfam lavora con altre organizzazioni libanesi. Sono 9mila le persone che ricevono aiuto: distribuzione di cibo, assistenza sanitaria e psicologica, sostegno attraverso il cash for work, supporto alla ricostruzione di case e imprese, consulenza legale.

LA COOPERAZIONE – “Abbiamo partecipato all’incontro con la vice ministra Del Re tenutosi a Beirut presso la nostra ambasciata. – spiega Silvana Grispino, responsabile di Oxfam Italia in Libano – Un’occasione in cui abbiamo posto l’attenzione sulla necessità di rafforzare il coordinamento con le ong locali e le organizzazioni della società civile. La cooperazione italiana può giocare un ruolo chiave nel sostenere le esperienze e le conoscenze delle organizzazioni locali per superare questa difficilissima fase che il Libano sta attraversando”. In questa direzione Oxfam auspica perciò un’accelerazione da parte dell’Italia nell’erogazione degli aiuti di prima emergenza destinati alle ong al lavoro sul campo, con l’obiettivo di soccorrere il maggior numero di persone possibile e alleviare le sofferenze delle comunità più colpite dall’immane tragedia di un mese fa.