Giustizia & Impunità

Intercettazioni, è operativa la riforma approvata lo scorso dicembre. Il ministero della Giustizia: “Investiti 60 milioni di euro”

L'avvocato Franco Coppi; "So che mi malediranno ma sono dell’idea che tutte le volte in cui il progresso tecnologico offre mezzi di indagine che possono aiutare nella ricerca della responsabilità dei reati, ben vengano". Il presidente dell'Unione delle Camere Penali: "Riforma realizza l'opposto di quello che in origine si proponeva"

Dopo il rinvio causato dall’emergenza coronavirus da oggi è pienamente operativa la nuova disciplina delle intercettazioni. Rinviata per tre volte dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede la riforma Orlando, riveduta e corretta dall’attuale Guardasigilli, aveva iniziato il suo percorso nel 2018. Sarà il pubblico ministero (e non la polizia giudiziaria come previsto in precedenza) a decidere quali sono le intercettazioni rilevanti da trascrivere e quali invece no. Mentre i difensori potranno chiedere copia delle registrazioni, e non più soltanto ascoltarle. Per i giornalisti che pubblicano intercettazioni, invece, non c’è l’ipotesi di essere incriminati per violazione di segreto d’ufficio, ma la normativa rimane essenzialmente identica a quella attuale. Via Arenula fa sapere di aver completato le attività organizzative, formative e di sviluppo tecnologico, necessarie all’attuazione della normativa. Attività che non si sono interrotte durante l’emergenza Covid 19. “Non è stata una riforma a costo zero e ci siamo mossi per tempo in modo da ridurre al minimo le inevitabili difficoltà applicative della nuova disciplina – commenta il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede -. Da oggi entra in vigore una fase nuova per uno strumento investigativo fondamentale come quello delle intercettazioni. Il ministero rimarrà in contatto con i Procuratori e l’Avvocatura per raccogliere le segnalazioni circa le eventuali criticità che dovessero manifestarsi e approntare le relative soluzioni”.

Il ministero ha allestito 140 sale Centro intercettazioni telecomunicazioni (Cit) con rete dedicata e cablaggio e dotazione dedicata di Pc portatili. In ogni sala Cit è stato inoltre installato il server ministeriale e realizzato il software per la gestione dell’archivio digitale multimediale e per l’archivio documentale; 60 milioni di euro sono gli investimenti già spesi per le infrastrutture tecnologiche, per le opere murarie e per gli acquisti necessari; 700 i server e i rack dedicati alle sole intercettazioni; oltre 1100 i PC dedicati e destinati alle sale d’ascolto; circa 3.500 le persone coinvolte nella formazione specifica (personale amministrativo, magistrati e polizia giudiziaria). L’immediato futuro, spiega il ministero, “vede gli uffici coinvolti chiamati indubbiamente alla sfida di un rinnovamento anche delle logiche organizzative e dei flussi di lavoro. Dal 10 settembre partirà pertanto la formazione in tutte le Procure della Repubblica, con la predisposizione di un supporto alla gestione organizzativa”.

La legge stabilisce poi che le intercettazioni siano depositate solo per via telematica e che l’archivio digitale telematico sia “tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica”. L’archivio “è gestito con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione relativa alle intercettazioni non necessarie per il procedimento, ed a quelle irrilevanti o di cui è vietata l’utilizzazione ovvero riguardanti categorie particolari di dati personali”. Il procuratore “impartisce, con particolare riguardo alle modalità di accesso, le prescrizioni necessarie a garantire la tutela del segreto su quanto custodito”. All’archivio “possono accedere, secondo quanto stabilito dal codice, il giudice che procede e i suoi ausiliari, il pubblico ministero e i suoi ausiliari, ivi compresi gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati all’ascolto, i difensori delle parti, assistiti, se necessario, da un interprete. Ogni accesso è annotato in apposito registro, gestito con modalità informatiche; in esso sono indicate data, ora iniziale e finale, e gli atti specificamente consultati”. Nel caso di richiesta di copia da parte dei difensori “il rilascio è annotato in apposito registro, gestito con modalità informatiche; in esso sono indicate data e ora di rilascio e gli atti consegnati in copia”.

“È stata l’ultima notte della libertà e delle garanzie: oggi, con l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni, si apre ufficialmente l’era del Grande Fratello ‘Trojan'” dichiara il deputato e responsabile Giustizia e Affari costituzionali di Forza Italia Francesco Paolo Sisto. Mentre per il parlamentare della Lega Jacopo Morrone “consentirà l’intromissione nella vita privata di ciascuno di noi a nostra insaputa, violando il diritto alla riservatezza e perfino la dignità delle persone”.

Per Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali, la riforma “realizza l’opposto di quello che in origine si proponeva”. Per l’avvocato Franco Coppi “in linea teorica dovrebbe essere una scelta che dà maggiori garanzie, anche se aumenta il lavoro dei pubblici ministeri. Però, certo, con tutto il rispetto per la polizia giudiziaria, la scelta fatta dal pm, sulla carta, dà maggiori garanzie di tutela soprattutto dei diritti delle persone intercettate” dice all’AdnKronos . Quanto alla creazione di un archivio digitale il legale parte da una premessa: “Si tratta di provvedimenti che rappresentano soluzioni di compromesso fra le esigenze investigative, rispetto alle quali le intercettazioni costituiscono uno strumento formidabile di ricerca della prova, e le esigenze di tutela di soggetti che possono essere coinvolti in storie che finiscono davanti a un pm ma che non evidenziano nessuna responsabilità”. Infine, Coppi si sofferma anche sull’estensione dell’uso del trojan: “So che mi malediranno – afferma -, ma sono dell’idea che tutte le volte in cui il progresso tecnologico offre mezzi di indagine che possono aiutare nella ricerca della responsabilità dei reati, ben vengano. Poi, naturalmente, si tratterà di conciliare le esigenze investigative con i problemi di riservatezza, però è impensabile, a mio parere, che si pongano dei limiti all’impiego di mezzi che la tecnologia moderna mette a disposizione.È come la storia del Dna e via dicendo, se c’è qualcosa che permette di raggiungere la “verità”, gli si deve dare spazio cercando di conciliare il tutto con le esigenze di riservatezza”. “Facciamo parte di una collettività, e come membro della collettività puoi scontare anche certi disagi e bisogna saperli scontare con una certa serenità se si vogliono raggiungere determinati obiettivi. Ovviamente -conclude- impedendo degenerazioni e abusi, ma tutto ciò che la scienza e la tecnologia offrono lo prenderei a piene mani“.