Scienza

Ingenuity, il primo drone della Nasa che volerà su Marte. L’ingegnere italiano: “Otto anni di preparativi per rivoluzionare l’esplorazione”

Stefano Cappucci ha lavorato all'elicottero marziano nei laboratori di Pasadena: "Il Mars Helicopter è una missione ad alto rischio, essendo una dimostrazione tecnologica. Nulla viene dato per scontato e come team, siamo consapevoli di tutte le possibili insidie che potremo incontrare nel corso della missione"

C’è stata qualche forma di vita su Marte? Ma soprattutto, potrebbe essere un’alternativa ‘abitabile’ per gli esseri umani, un giorno? La prossima missione della Nasa punta a scoprirlo: dopo 8 anni di preparativi, a fine luglio verrà lanciato il rover Perseverance, che ha la missione di investigare il passato del Pianeta Rosso e scoprire se ci sono state tracce di vita biologica. Agganciato a lui partirà anche il Mars Helicopter, il primo drone mai progettato per volare su Marte, a cui è stato dato il nome di Ingenuity (che suona come l’italiano ‘ingenuità’, ma significa ‘ingegnosità’). “Sarà la prima dimostrazione tecnologica di volo controllato su altro pianeta – spiega Stefano Cappucci, ingegnere italiano che nei laboratori di Pasadena ha lavorato all’elicottero marziano. “Dimostrando la viabilità di questa tecnologia si potranno abilitare altri velivoli più avanzati, che potrebbero essere inclusi nelle future missioni, sia per i robot che per gli umani”.

Il nome è della stato scelto dalla studentessa statunitense Vaneeza Rupani, che lo aveva proposto per il rover principale, poi ribattezzato ‘Perseverance’. Il drone, spiega Cappucci, “offre un punto di vista unico” che non può essere fornito né dai satelliti in orbita né dai rover o dai lander presenti sulla superficie di Marte. Due gli obiettivi principali: “Ottenere delle immagini di ricognizione ad alta definizione e garantire l’accesso a terreni difficili da raggiungere: aspetti che potrebbero rivoluzionare completamente l’esplorazione del Pianeta Rosso”. Ma, dopo anni di lavoro, calcoli e progetti, non è ancora finita: l’atterraggio su Marte avverrà il 18 Febbraio 2021. E le incognite sono ancora molte: “Il Mars Helicopter è una missione ad alto rischio – spiega Cappucci – essendo una dimostrazione tecnologica. Nulla viene dato per scontato e come team, siamo consapevoli di tutte le possibili insidie che potremo incontrare nel corso della missione. Tutta la campagna di test svolta al Nasa Jet Propulsion Laboratory è stata completata con successo, e ciò ci consente di avere fiducia nella missione”.

L’ultima fase dei lavori ha subito una difficoltà in più: la pandemia di coronavirus, che in California è ben lontana dall’essere sotto controllo, con i ricoveri in ospedale aumentati del 28% nelle ultime due settimane e un nuovo lockdown imposto dal governatore Gavin Newsom. “Sto lavorando da casa da circa cinque mesi”, racconta Cappucci, che si è trasferito sulla West Coast subito dopo la laurea. Quando era studente al Politecnico di Torino ha assistito a un incontro con Charles Elachi (ex direttore del Jet Propulsion Laboratory dell’agenzia spaziale americana, a Pasadena) e ne è rimasto folgorato. “Da quel momento ho lavorato per cercare di essere selezionato per un tirocinio: per arrivare alla Nasa, quella era la mia chance migliore”. Superata la selezione, nel 2015 ha trascorso un primo periodo negli Stati Uniti per lavorare alla tesi magistrale, poi l’offerta di lavorare lì a tempo pieno. Accettata al volo. “L’hardware è già tutto costruito – prosegue – quindi non ho bisogno di essere presente fisicamente lì. Posso svolgere tutte le mie attività di mission operation da casa, tutte le riunioni vengono fatte online e da questo punto di vista non si nota molta differenza”. Perseverance e Ingenuity, infatti, si trovano sull’altra costa, precisamente al Kennedy Space Center in Florida. “Qui sono stati integrati nel lanciatore all’interno delle clean room del centro di ricerca. Siccome si tratta già di ambienti controllati dal punto di vista dei microorganismi, il virus non ha avuto troppo impatto nemmeno questo aspetto”.

L’impatto del Covid invece si è notato in tutta la sua forza nel rapporto (fragile) tra i cittadini e la scienza: “In questi mesi è stato evidente che il problema della fake news è molto concreto, pericoloso e complesso anche quando si tratta di questioni di vita o di morte”. Secondo l’ingegnere, i social network si stanno muovendo nella giusta direzione modificando gli algoritmi e controllando i bot, ma non è un problema che si può risolvere solo con mezzi tecnologici. Serve uno sforzo culturale. “Forse la cosa più importante da ricordare è che verificare le notizie è come mettersi la mascherina: una nostra responsabilità per evitare di ‘infettare’ gli altri. Se arrivassimo a quel punto, magari, non saremmo più costretti a sorbirci no-vax e terrapiattisti“.