Economia

Autostrade, a uscire non sono solo i Benetton: ecco come si compone l’azionariato di Atlantia. E le sue attività in Italia e nel mondo

I pedaggi italiani lo scorso anno valevano un terzo dei ricavi della holding e metà della marginalità. Il resto viene dalle strade di 23 Paesi e dagli aeroporti. Roma in testa

Dici Atlantia e pensi Autostrade e Benetton. Ma è solo una parte dei fatti. Soltanto il 30,25% della finanziaria che possiede l’88,06% di Aspi è della famiglia di Ponzano Veneto che ha da tempo ridimensionato i maglioncini per puntare sulle concessioni. Il secondo azionista, con l’8,28%, è Gic, il fondo sovrano di Singapore. Segue il gruppo bancario inglese Hsbc e, a ruota con il 4,8%, la potente Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, grande azionista di Unicredit oltre che di Generali, Banco Bpm e, soprattutto, Cassa Depositi e Prestiti. Così, in qualche modo, una volta uscita, rientrerà. Questi gli investitori stabili, mentre il 45,6% della holding è in mano al mercato.

Quanto alle attività, oltre che lungo le concessionarie autostradali italiane, Atlantia direttamente o tramite la concessionaria spagnola Abertis che la holding ha consolidato a fine 2018, si snoda lungo piste spagnole, francesi, polacche, brasiliane, cilene, indiane, portoricane e argentine. Per un totale, a fine 2019, di 15mila chilometri di strade a pedaggio in 24 Paesi e 31mila dipendenti. Oltre alle autostrade, che hanno come pendant gli Autogrill direttamente in mano ai Benetton tramite la società Schemaventotto, ci sono poi gli Aeroporti. Prima di tutti quelli romani che sono in attesa di nuovo impulso grazie al decreto Rilancio. Poi c’è una quota di poco inferiore al 30% nello scalo di Bologna e oltreconfine c’è Aéroports de la Côte d’Azur, la società che controlla gli aeroporti francesi di Nizza, Cannes-Mandelieu e Saint Tropez.

Quanto ai conti, i pedaggi italiani valgono poco più di un terzo degli 11,6 miliardi di ricavi registrati dal gruppo nel 2019, mentre la parte del leone del fatturato arriva dalle autostrade estere che hanno fruttato circa 6 miliardi di euro. Seguono aeroporti (1,2 miliardi) e le attività residuali. La prospettiva cambia se si guarda alla marginalità di 7,2 miliardi di euro riparamentrata sulla base della durata delle concessioni: qui le autostrade italiane rappresentano il 51% del grasso del gruppo, i pedaggi esteri il 24% e gli aeroporti il 22. Il quadro cambierà però completamente nel 2020 per effetto del Covid, ma anche del denaro prestato da Atlantia ad Autostrade. E soprattutto dal prezzo di acquisto delle quote di Aspi da parte di Cassa Depositi e Prestiti.