Scienza

Coronavirus, l’Aifa blocca gli studi su alcuni trattamenti: da medico e malato avrei agito diversamente

In questo terzo millennio l’alfa e l’omega della Medicina Ippocratica, che abbiamo del tutto dimenticato, sono la Bioetica ambientale e la Farmacosofia

Covid-19, nei soggetti a rischio, uccide in massimo 11 giorni dalla comparsa dei primi sintomi (febbre, perdita gusto e olfatto, diarrea, ecc.) e obbliga al ricovero ospedaliero in Terapia Intensiva entro e non oltre sei giorni. Questo ormai ci dicono chiaramente i dati epidemiologici Iss sui pazienti deceduti tra i pazienti ad alto rischio, ormai bene identificati.

Dato ormai acquisito è che il virus uccide non in maniera diretta ma per la mortale tempesta di citokine (con mortali trombosi e infiammazioni) che si scatena in questi soggetti a rischio con deficit di immunità innata (anziani, affetti da altre patologie concomitanti gravi come ipertensione, diabete e cancro, tipo il sottoscritto). Se non si riduce o si ferma all’esordio questa tempesta il paziente diventa difficilmente trattabile anche in ambienti ospedalieri altamente specializzati, pure utilizzando farmaci monoclonali specifici e ventilazione meccanica in terapia intensiva.

In presenza di immunità innata efficiente e quindi di infezione non grave, la somministrazione di farmaci anti tempesta di citokine ospedaliera non risulta determinante nel ridurre ulteriormente la già ridotta mortalità spontanea.

Massima attenzione quindi, da parte di una ricerca medica indipendente e a servizio esclusivo della salute pubblica di uno Stato, doveva essere riservata a due settori di ricerca:

1. Innanzitutto a monte serve la migliore caratterizzazione genotipica, fenotipica e immunologica della immunità innata dei soggetti non a rischio che hanno mostrato una resilienza naturale alla infezione da Covid (ossia soggetti con patologie autoimmuni tipo artrite reumatoide trattati con farmaci immunosoppressori e antimalarici, residenti in zone (ex)malariche, traits talassemici e/o con modifiche dell’emoglobina).

2. Procedere con la massima celerità (assicurando il massimo finanziamento) a completare tutti gli studi sui trattamenti profilattici e domiciliari precoci in grado di ridurre la potenza della mortale tempesta di citokine, prima e non dopo il ricovero ospedaliero. I dati Iss infatti ci dicono che non più del 4% di tutti i decessi nei pazienti a rischio riguardano pazienti autoimmuni, specie con artrite reumatoide.

Utilizzando il codice Icd9 714 si potevano avere chiare indicazioni dettagliate anche da zone rosse, ma nessuna istituzione pubblica né tantomeno privata lo ha ritenuto utile. Tutti gli sforzi si sono concentrati soltanto sulle cure ospedaliere, dando priorità assoluta ai farmaci sotto brevetto e non ai farmaci generici a basso costo.

Abbiamo cosi dovuto apprendere, dopo vari mesi e centinaia di migliaia di morti in tutto il mondo, che farmaci a basso costo tipo desametasone ma anche anticoagulanti tipo eparina erano indispensabili per ridurre la mortalità da Covid nei pazienti ricoverati. Ancora nessuna informazione scientificamente validata proviene invece da ampi studi su farmaci antitempesta di citokine somministrati precocemente a domicilio, come appunto la ormai controversa idrossiclorochina.

Eppure sin dall’esordio della pandemia l’esperienza clinica dei medici di tutto il mondo (circa il 37 per cento!) ha indicato questo tipo di farmaco utile per ridurre quantomeno la potenza della mortale tempesta di citokine. Pare veramente ridicolo ritenere che soltanto la capacità di un efficace lockdown (neanche tecnologico ma “fai da te”) possa avere di fatto tenuto fuori dalla letale pandemia Paesi poveri e densamente popolati come il Vietnam, il Laos, il Madagascar, e nella stessa India nulla si dice né ancora si pubblica sulla reale incidenza della infezione da Covid – non già tra i cittadini, ma nella popolazione medica indiana che sin da subito è stata trattata in profilassi con idrossiclorochina.

Non si vuole vedere la evidente correlazione – tutta da studiare – tra presenza di malaria, trattamenti a tappeto in profilassi da decenni con farmaci immunosoppressori antimalarici come anche i derivati dall’artemisia, e resilienza alla infezione da Covid-19.

La Scienza non è democratica, si è detto. E’ vero, ma la Scienza non può non essere etica, e un evento come quello della pubblicazione poi ritrattata sul Lancet è veramente una tragedia per la intera comunità scientifica medica mondiale. Troppa mancanza di trasparenza e troppi conflitti di interesse sono ormai evidenti a tutta l’opinione pubblica.

Se si dimostra che con farmaci generici da pochi euro come il desametasone e la idrossiclorochina, somministrati precocemente a domicilio e non in ospedale, si riesce a rendere meno aggressiva e letale l’infezione, come si possono poi chiedere a tutto il mondo miliardi di euro per la ricerca di farmaci antivirali specifici e soprattutto vaccini?

Avrei di gran lunga preferito, come farmacologo e soprattutto come ammalato, che lo Stato italiano avesse finanziato con urgenza e al massimo, non bloccato, tutti gli studi in corso sul trattamento precoce domiciliare dei pazienti a rischio e/o infetti trattati con farmaci immunomodulanti come la idrossiclorochina, pubblicando i risultati di tanti valenti colleghi clinici in Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia.

Appare ingiustificato, irrazionale e pericoloso per la salute pubblica, in previsione di una possibile “seconda ondata”, il blocco imposto dall’Aifa anche agli studi sui trattamenti precoci domiciliari e profilattici con idrossiclorochina.

La Scienza è neutra, ma gli scienziati e soprattutto le case farmaceutiche (che secondo me influenzano troppo e senza adeguato controllo le nostre agenzie) non lo sono mai.