Società

Tutti a caccia dell’untore. Perché darsi la colpa sarebbe molto più pauroso

Donald Trump accusa la Cina. Gli inglesi additano gli italiani e gli spagnoli. Noi italiani un tedesco, non ben definito, che sarebbe stato in Cina poi proditoriamente a Codogno. Non so cosa affermino negli altri paesi per definire l’origine della loro interna pandemia. Insomma la caccia all’untore è nel nostro animo. L’altro in questo periodo storico è un potenziale nemico. Una paziente si sente in colpa perché “ha portato il virus in casa” e suo padre ne è morto. Un altro paziente ha interrotto ogni relazione con la famiglia della cognata perché, senza saperlo, li ha esposti al contagio. Nei condomini il medico o l’infermiere vengono additati con sospetto in quanto potenziali portatori del male.

L’aura della colpa purtroppo permane nel momento in cui la malattia è paurosa e per gran parte sconosciuta. L’idea che un qualche influsso malvagio, demoniaco, sia alla base della diffusione del contagio permea il nostro animo anche se, apparentemente, siamo razionali e seguiamo gli scienziati. Non meraviglia pensare che circa un millennio orsono si bruciassero le streghe che portavano il maleficio o si desse la caccia agli untori che secondo la visione popolare volutamente trasmettevano la peste.

Identificare un nemico in carne ed ossa è rassicurante. Il nemico infatti si può combattere, vincere o eliminare. E’ un essere umano come noi, fragile che può essere distrutto. Si tratta di un meccanismo psicologico che conosciamo da una vita. Quando eravamo piccoli se prendevamo un brutto voto era colpa della maestra che non ci apprezzava, se più grandi non abbiamo passato un concorso dei raccomandati che ci hanno sopravanzato. Quando il nemico è identificato ne abbiamo timore ma, inconsciamente, siamo rassicurati dal fatto che, con gli opportuni accorgimenti, potremo affrontarlo e distruggerlo. Se viceversa il nemico fosse aleatorio, invisibile, non conosciuto allora si che saremmo terrorizzati. Se poi, addirittura, il nemico fosse in noi stessi che non avevamo voglia di studiare alle elementari o ci siamo presentati impreparati al concorso soffriremmo molto perché saremmo presi in una lotta interiore.

In questo momento per ogni nazione dare la colpa della pandemia ad altri è un meccanismo di rassicurazione collettiva che esime il popolo e i governanti dal dover guardare a se stessi, alle scelte intraprese e agli accorgimenti messi in atto per limitare il contagio del virus.

Il “dagli all’untore” permette inoltre di esprimere l’aggressività repressa e covata nel nostro animo contro il destino “cinico e baro” che non ci salva dalle difficoltà della vita.

I governanti, sempre per definizione incapaci, devono accettare di fungere da parafulmine su cui indirizzare la tensione accumulata dentro di noi.