Società

Coronavirus, il Papa invita a non abbassare la guardia. Ma oggi il Covid non è l’unico pericolo

“In Italia la fase acuta dell’epidemia è superata, anche se rimane la necessità – ma state attenti, non cantare vittoria prima, non cantare troppo presto vittoria! – di seguire con cura le norme vigenti, perché sono norme che ci aiutano a evitare che il virus vada avanti. Grazie a Dio stiamo uscendo dal centro più forte, ma sempre con le prescrizioni che ci danno le autorità”.

Le parole pronunciate da Papa Francesco all’Angelus se da un lato sanciscono un deciso miglioramento della pandemia, soprattutto in Italia, dall’altro sono un monito a non prendere sotto gamba le indicazioni che sono state date dal governo Conte per vivere la fase 2, quella della convivenza col coronavirus.

Come ha ricordato lo stesso Bergoglio, però, “purtroppo in altri Paesi – penso ad alcuni – il virus sta facendo ancora tante vittime. Venerdì scorso, in un Paese, è morto uno al minuto! Terribile. Desidero esprimere la mia vicinanza a quelle popolazioni, ai malati e ai loro familiari, e a tutti coloro che se ne prendono cura. Con la nostra preghiera avviciniamoci”. Il riferimento del Papa, seppure non esplicito, è al Brasile. Così come molto preoccupante appare lo scenario in tutta l’America latina.

Per fare tesoro del tempo vissuto durante il lockdown, monsignor Antonio De Luca, vescovo di Teggiano-Policastro, in provincia di Salerno, ha raccolto in un libro le riflessioni nate in quei giorni difficili della fase 1. Il testo, nato dalla penna di un presule nella cui diocesi ci sono stati molti contagi, si intitola Prendersi cura. Pensieri in tempo di crisi (Duminuc editore).

“La crisi di questo tempo – scrive monsignor De Luca – mette tutto in discussione. Richiede ripensamento degli stili di vita, accortezza nei consumi, prudenza nei contatti e, finalmente, l’accantonamento di una brillantezza esasperata del mito dell’immagine, dell’efficienza, delle prestazioni e dell’istantaneità delle risposte. Non siamo onnipotenti! Anche la scienza con la rapidità dei suoi successi è costretta ad attendere”.

Per il presule “la contingenza deve permettere la rinascita di una visione che sottolinei il ‘più umano’, il ‘più umile’, il ‘più essenziale’ ed il ‘più ragionevole’. È la logica della sostenibilità contro il delirio dell’individualismo. È anche urgente avvertire ciò che in questo tempo di crisi ci manca veramente: ci manca l’incontro, ci priviamo dell’affetto di un abbraccio, del suggello impegnativo di una stretta di mano, di un minuto trascorso in un luogo pubblico, della vitalità dei giovani nelle nostre strade, sembra tutto inverosimile”.

Monsignor De Luca è convinto che “senza illusione dobbiamo accettare che altri pericolosi virus si aggirano nel panorama mondiale delle relazioni tra i popoli, nella visione politica: il modello efficientista a discapito anche della democrazia, i sovranismi e le chiusure populiste, sono virus che inquinano e destabilizzano la convivenza pacifica dei popoli. In questa stagione abbiamo ascoltato affermazioni al limite della sopportabilità quando, con tronfia sicumera, anche qualche capo di Stato ha tentato di smentire i risultati scientifici in rapporto ai pericoli che corriamo. È criminale inneggiare alla ‘immunizzazione di gregge’, restando così inoperosi attendendo che il virus si dissipi da solo. Per fortuna, anche se con ritardo, si è preso coscienza della tragedia”.

Parole che si ricollegano perfettamente a quelle pronunciate da Papa Francesco il 27 marzo 2020 durante la preghiera per la fine della pandemia in una piazza San Pietro deserta. Fu proprio in quell’occasione che Bergoglio, in una straordinaria omelia, disse: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono ‘Siamo perduti’, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”.

Una meditazione preziosa che, insieme ad altri sette testi sul coronavirus pronunciati dal Papa nei giorni successivi, è stata raccolta nel volume La vita dopo la pandemia (Libreria Editrice Vaticana). Per il cardinale gesuita Michael Czerny, sottosegretario della sezione migranti e profughi del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, che firma la prefazione al libro, gli obiettivi di questi discorsi di Francesco sono essenzialmente due.

“Il primo – scrive il porporato – è quello di suggerire una direzione, delle chiavi di lettura e delle linee-guida per ricostruire un mondo migliore che potrebbe nascere da questa crisi dell’umanità. Il secondo obiettivo è, in mezzo a tanta sofferenza e smarrimento, seminare speranza”. Perché tutto ciò che è stato vissuto non sia dimenticato improvvisamente.