Calcio

Domeniche bestiali – Angelo Ricca, 64 anni, 800 gol in carriera e nessuna intenzione di smettere: “Voglio arrivare a mille reti”

La rubrica del giovedì con il bestiario di ciò che accade nelle serie minori del pallone italiano. Le perle nei comunicati della giustizia sportiva regionale, quelle dei calciatori in campo e dei giornalisti in tribuna stampa. In questa puntata l'intervista al bomber più prolifico (e meno giovane) d'Italia: "Il mio segreto? Il peperoncino"

“A me mi temono molto sa? Li sento dalla panchina che urlano ‘attento, che questo scatta e ti frega’ al difensore che mi marca”. E quello che scatta è Angelo Ricca, attaccante di Terza Categoria: il più prolifico d’Italia, probabilmente anche il più esperto con i suoi 64 anni. “Sono a oltre 800 gol, quest’anno ne avevo già fatti sei poi è arrivato il coronavirus e si è fermato tutto, però sto continuando ad allenarmi eh”. Di smettere non se ne parla, Angelo Ricca da Diamante ci ha pure provato ad abbandonare il calcio, provando a cedere alle istanze della sposa, povera donna, che ha praticamente le domeniche off limits da una vita.

Avrà fatto lo stesso pensiero di tutte le mogli la signora: “Ma sì, tanto una decina d’anni saranno, poi come tutti i calciatori dilettanti preferirà la forchetta al pallone”. E invece no, siamo a 64 anni: “Con 51 tesseramenti consecutivi – dice Angelo – non mi sono mai fermato, mai una stagione a vuoto. Ho cominciato a 13 anni, sotto falso nome perché ero troppo piccolo. Oggi però aspetto il riconoscimento della Figc Calabria per i tesseramenti e da Roma quello alla carriera”. Lo chiamano “U’pip”, il “peperone”, forse per l’aspetto un po’ tracagnotto, ma oltre al soprannome da queste parti il timore che gli dicano altro in campo è forte. Con Domeniche Bestiali abbiamo visto che sui campi mazzate, sputi, lanci di oggetti non risparmiano nessuno, figuriamoci un arzillo 64enne quanto stimola gli istinti dei presenti: “Ah sì sì, in partita capita spesso che mi dicano ‘Ma dove vai, sto vecchio’ e cose simili, ma sono nel calcio da 51anni mica mi impressiono, poi però a fine partita gli stessi che mi sfottono vengono a farmi i complimenti: gioco e corro per 90 minuti, mica mi faccio sostituire?”.

Il segreto? Ne ha vari, ma occhio, come direbbero prima di un action movie “don’t try this at home”, non ci provate a casa: “Il primo segreto è il peperoncino, lo metto dappertutto, me lo porto sempre dietro e lo metto ovunque, pure sulla pizza. E comunque sto molto attento all’alimentazione, dal giovedì mangio sano perché ho un cognome da difendere io. Poi gli allenamenti: non solo non ne salto uno poi vado anche a camminare, mi alleno in giardino e sempre senza scarpe, quando proprio devo metterle lo faccio ma senza calzini. In questi mesi facevo 8-10 chilometri a piedi e poi le scale e la panca in giardino”. Professione collaboratore scolastico, una vita scandita da campanella e fischietto: “Esco da scuola e vado al campo. Le mie figlie sono contente così non sto a casa, dicono, mia moglie qualche volta ha provato a farmi desistere ma in realtà è la mia prima tifosa. Qualche volta a settembre ho provato a restare a casa, ma poi sapere che i ragazzi fanno la preparazione e io sto lì a non far nulla mi prende a male e vado anche io. I ragazzi mi vogliono bene, sono uno che fa gruppo, potrei essere il loro papà”.

A 64 anni pure il nonno, anzi forse più il nonno. Oggi Angelo gioca a Maierà, in Terza Categoria, ma ha iniziato a 13 anni in pieno stile Domeniche bestiali, come detto sotto falso nome perché troppo piccolo, poi ha calcato palcoscenici importanti: “A Praia a Mare ero in D, facevamo le amichevoli con le squadre importanti e non vincevano contro di noi: sono venuti il Cosenza, il Novara che doveva giocare a Catanzaro, l’Acireale, ho giocato contro Dirceu, contro mister De Canio, ma niente, non vincevano. E queste squadre mi hanno cercato anche, ma ho detto no. Già lavoravo e poi mi davano 300mila lire a partita, a quei tempi erano bei soldi, mentre giocare negli anni 70 in C era solo una scommessa. Comunque le soddisfazioni me le sono tolte: sono stato campione d’Italia con la Calabria, nel ’78, al trofeo Barassi per Regioni, facendo gol in semifinale e in finale”. L’idea di abbandonare i campetti dopo la chiusura forzata per coronavirus non lo sfiora neppure: “Macché smettere? Io non vedo l’ora di ricominciare, e sta sicuro, ti dico una cosa: io a mille gol prima di smettere ci arrivo eh. Angelo Ricca a mille gol ci arriverà”. Ne mancano circa 200, l’obiettivo è difficile ma non impossibile, specialmente se continua a mangiare peperoncino e a giocare senza calzini.