Economia

Coronavirus, la caccia alle scorte e alle vitamine manda alle stelle i prezzi al consumo: rincari fino al 35%

Secondo il report dei consumi sui primi tre mesi del 2020 di Ismea, il Covid-19 ha fatto crescere del 7% la spesa alimentare delle famiglie italiane. Si tratta della variazione più forte degli ultimi dieci anni

Basta confrontare lo scontrino emesso oggi per la spesa con uno di appena un paio di mesi fa per capire che i prezzi al consumo sono aumentati e, in alcuni casi, volati. Come per la frutta e la verdura, che contengono le vitamine consigliate anche dall’Istituto superiore di sanità. Una dinamica descritta anche nelle stime preliminari dell’Istat per il mese di aprile, che segnano un’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona da +1 a +2,6% (per i primi, in particolare, si passa da +1,1 a +2,8%).

Eppure, secondo l’osservatorio di Federconsumatori (e denunce alla mano da parte degli utenti) c’è stato “un rincaro molto più marcato dei beni alimentari e per la cura della casa e della persona, che – ha segnalato l’associazione – hanno subito aumenti che arrivano anche a segnare quota +35% rispetto ai normali prezzi applicati in questa stagione”.

Un fenomeno che non vedrebbe differenze sostanziali né fra Nord e Sud, né tra piccoli esercizi e grande distribuzione. Di fatto ci sono supermercati, ma anche panetterie, commercianti all’ingrosso e al dettaglio di prodotti ortofrutticoli tra quelli finiti in queste ultime settimane nel mirino della Guardia di finanza. In Campania, invece, pochi giorni fa si è insediato l’Osservatorio regionale prezzi istituito dalla Regione, con l’obiettivo di monitorare e contrastare le distorsioni del mercato generate proprio dall’imposizione di prezzi sproporzionati.

L’ANALISI DI COLDIRETTI – Secondo Coldiretti sono state la corsa agli acquisti degli italiani in quarantena e le limitazioni ai consumi fuori casa per le chiusure imposte alla ristorazione a fare aumentare i prezzi “dalla frutta (+8,4%) alla verdura (+5%)”, ma anche quelli di “latte (+4,1%) e salumi (+3,4%)”. Questa l’analisi dell’associazione sull’impatto del lockdown sui prezzi dei prodotti alimentari, sempre sulla base dei dati Istat relativi ad aprile.

“L’andamento è in contrasto con l’inflazione, che ad aprile su base tendenziale si è azzerata”, sottolinea l’organizzazione agricola, secondo cui gli incrementi sono dovuti anche al fatto che con l’emergenza Coronavirus gli italiani vanno a caccia di vitamine nella convinzione di aiutare a rafforzare il sistema immunitario. “Con balzi della spesa – spiega – trainati dalla voglia di avere in casa una riserva naturale di vitamine consigliata anche dall’Istituto superiore di sanità che, sul sito, invita ad aumentare la quota di alimenti vegetali nella nostra dieta con più frutta e verdura e più legumi in ogni pasto della giornata”.

A spingere in alto la spesa è stata “anche la paura di rimanere senza scorte – incalza Coldiretti – con la dispensa vuota che ha favorito l’acquisto di prodotti a lunga conservazione”. Ad aumentare, infatti, sono anche i prezzi di pesce surgelato (+4,2%), pasta (+3,7%), piatti pronti (+2,5%), burro (+2,5%), formaggi (+2,4%), zucchero (+2,4%), alcolici (+2,1%), carni (+2%) e acqua (+2,6%).

COME CRESCE LA SPESA ALIMENTARE – D’altro canto, secondo il report dei consumi sui primi tre mesi del 2020 di Ismea, il Covid-19 ha fatto crescere del 7% la spesa alimentare delle famiglie italiane. Si tratta della variazione più forte degli ultimi dieci anni. I prodotti più richiesti? Secondo il dossier sono le uova con vendite record del 14%, gli olii e i derivati dei cereali con l’8%.

A fare da traino, segnala il report, sono i prodotti confezionati a largo consumo con +9,7%, a cui si è maggiormente rivolta l’attenzione nelle prime settimane di emergenza, ma anche per i prodotti freschi sfusi la spesa inverte il trend e diventa positiva (+1,1%). Nel solo mese di marzo le vendite per i prodotti confezionati hanno registrato incrementi del 20% e quelle per i freschi sfusi del 9 per cento.

IL NODO DEI MERCATI ORTOFRUTTICOLI – Per Coldiretti l’andamento è determinato anche dalla chiusura, in molte regioni, dei mercati rionali e dal problema dei trasporti. Di fatto, in diverse città quello dei mercati è un tema molto caldo. Alcuni hanno riaperto, ma le misure di contenimento creano non pochi problemi. Il 4 maggio, dopo quasi due mesi di inattività, ha riaperto a Bari il mercato nel rione Japigia, nel rispetto delle misure di sicurezza per limitare i contatti tra i clienti. Gli ingressi, infatti, sono stati contingentati dalla polizia locale, gli accessi sono stati transennati, e nell’area mercatale si entra solo con la mascherina.

In questi giorni ha lanciato un grido d’allarme Alberto Argano, presidente dei concessionari e commissionari del mercato ortofrutticolo di Palermo, secondo cui, a un mese dalla riapertura, il mercato è al collasso e la ripresa è resa difficile dagli accessi contingentati. Dalla fine di marzo per entrare nel mercato si sono potuti prenotare ogni giorno 69 produttori locali e 200 clienti (in due fasce da 100). Di fatto, le vendite non riescono coprire le spese dei concessionari, che registrano una diminuzione di incassi tra il 70 e l’80%. Tanto che quasi settanta imprese “rischiano la chiusura nel giro di tre mesi”, ha denunciato Argano.

FEDERCONSUMATORI: “NON DIMENTICARE LE FAMIGLIE” – “Questa situazione non fa altro che aggravare la situazione di forte difficoltà in cui si trovano molte famiglie a causa dell’emergenza Covid-19. Persone che hanno perso il lavoro, che si trovano in cassa integrazione, che non riescono a far fronte alle spese quotidiane”, spiega Emilio Viafora, presidente Federconsumatori, secondo cui “di fronte a tale emergenza bisogna rispondere con fermezza e decisione, adottando misure adeguate a contrastare l’emergenza povertà, assicurando una sopravvivenza dignitosa alle famiglie in difficoltà”.

Per Viafora tra le priorità ci sono l’incremento di buoni spesa e forme di sostegno già disposte, prevedendo però l’estensione della platea dei beneficiari e incrementando le risorse a disposizione. “In questa fase – conclude – è fondamentale e giusto sostenere le imprese, per consentire una ripartenza del settore produttivo e dei servizi, ma non si può e non si deve dimenticare le famiglie”.