Economia

Conti pubblici, il governo vara il Def: pil a -8% e debito al 155% causa virus. Ok a 55 miliardi di ulteriore deficit per finanziare decreto Aprile

Il deficit vola al 10,4% del pil per coprire le spese delle misure di aiuto a famiglie e imprese. Consumi giù del 7%, investimenti a -12%. I numeri sono da economia di guerra. E potrebbero peggiorare (pil a -10,6%) in caso di recrudescenza dell'epidemia nella seconda parte dell'anno. Nel decreto in arrivo la prossima settimana anche l'eliminazione delle clausole di salvaguardia su Iva e accise

Numeri da economia di guerra. Pil in caduta di 8 punti che potrebbero superare i 10 in caso di “recrudescenza dell’epidemia”, disoccupazione in aumento dal 10 all’11,6%, deficit che schizza al 10,4% del pil come non avveniva dagli anni Ottanta, debito in volo fino al 155% del prodotto interno lordo. Sono le previsioni messe nero su bianco nel Documento di economia e finanza varato dal consiglio dei ministri venerdì, dopo due giorni di slittamenti. E’ la prima fotografia ufficiale dell’impatto dell’epidemia di coronavirus e del lockdown su economia e conti pubblici italiani.

Per far fronte all’emergenza il governo chiederà al Parlamento di poter fare altro deficit aggiuntivo: dopo i 25 miliardi chiesti per coprire il decreto cura Italia ne serviranno altri 55, pari a 3,3 punti di pil. L’effetto si farà sentire anche sugli anni successivi, fino al 2032, per un totale di 440 miliardi di indebitamento in più. Serviranno per finanziare il decreto Aprile, atteso per la prossima settimana, che stando al comunicato diffuso dopo il cdm potenzierà “le misure per il sistema delle garanzie a favore degli operatori economici pubblici e privati, la tutela del lavoro, il sostegno ai settori produttivi maggiormente colpiti, anche attraverso un utilizzo adeguato della leva fiscale ed evitando politiche restrittive, e per il rafforzamento degli strumenti di protezione sociale”. Inoltre “garantirà la completa eliminazione dell’incremento delle aliquote IVA e delle accise previsto dal 2021“.

Il cigno nero Covid-19 – “Se non si fosse materializzato il cigno nero della crisi epidemica, l’economia italiana avrebbe potuto registrare un ritmo di crescita in graduale miglioramento nell’anno in corso”, si legge nella bozza del documento. “Tale ripresa avrebbe condotto a una modesta espansione nel primo trimestre dell’anno, rendendo raggiungibile la previsione di crescita annua dello 0,6 per cento formulata nella Nadef di settembre 2019″. Ma a fine febbraio tutto è drammaticamente cambiato.

Consumi in calo del 7,2%, investimenti a -12,3% – Per effetto delle chiusure e della sospensione delle attività non essenziali, nel 2020 il Pil si attesterà a -8% per poi rimbalzare del 4,7% nel 2021. Il deficit arriverà al 10,4% “tenuto conto dell’impatto finanziario del Decreto con le misure urgenti di rilancio economico”, e al “5,7 per cento” nel 2021. Lo stock del debito pubblico è previsto in salita dal 134,8% del pil registrato nel 2019 al 155,7%, per poi calare lievemente al 152,7 per cento a fine 2021. I redditi dei lavoratori dipendenti diminuiranno del 5,7%, anche per il ricorso massiccio alla cassa integrazione, ma la riduzione sarà comunque più contenuta di quella della spesa delle famiglie, la cui propensione al risparmio aumenterà superando il 13 per cento su base annua. I redditi dovrebbero tornare a crescere nel 2021, con un aumento del 4,6%. I consumi dovrebbero registrare un calo del 7,2% e gli investimenti fissi lordi del 12,3%. Le esportazioni sono previste crollare del 14,4% e le importazioni del 13,5%, andamenti analoghi a quelli riscontrati in occasione della precedente crisi globale del 2008-2009.

Lo scenario avverso: ripartenza del virus in autunno – Ma nel Documento c’è spazio anche per lo “scenario avverso”: con una ricaduta dell’epidemia, senza un vaccino, il Pil potrebbe precipitare a meno 10,6%. “A differenza di quanto ipotizzato nello scenario di base”, si legge, “nella seconda metà dell’anno, una volta intrapreso un sentiero di graduale riapertura dei settori produttivi e di allentamento dei vincoli ai movimenti dei cittadini, potrebbe verificarsi una recrudescenza dell’epidemia. Quest’ultima, a sua volta, renderebbe necessarie nuove chiusure delle attività produttive e restrizioni ai movimenti dei cittadini. Con una nuova caduta della produzione, il calo del Pil annuale nel 2020 si aggraverebbe e la ripresa prevista per il 2021 tarderebbe a verificarsi, ancor più se non si riuscisse ad arrivare a vaccinazioni di massa entro il primo semestre dell’anno prossimo”. Ciò comporterebbe non solo una contrazione più accentuata del Pil, -10,6 per cento in media d’anno, “ma anche un effetto di trascinamento negativo sul 2021”. Di conseguenza, “la crescita media del Pil nel 2021 risulterebbe pari a solo il 2,3 per cento. Un maggiore recupero della perdita di prodotto subita nel 2020 avverrebbe solamente nel 2022”.

La strategia di riduzione del debito: “No a strette fiscali per un congro periodo” – Per gli anni successivi all’emergenza “sarà delineato un percorso di graduale rientro del rapporto debito/Pil, che assicuri comunque un congruo periodo di sostegno e rilancio dell’economia, durante il quale misure restrittive di politica fiscale sarebbero controproducenti“, si legge nel comunicato del consiglio dei ministri. I principi generali della strategia di rientro saranno, oltre al conseguimento di un adeguato surplus di bilancio primario, “il rilancio degli investimenti, pubblici e privati, grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative”, il contrasto all’evasione fiscale, la riforma del sistema fiscale “improntata alla semplificazione, all’equità e alla tutela ambientale” e “la revisione e la riqualificazione della spesa pubblica”. Infine, l’azione del Governo sarà “indirizzata all’introduzione di innovativi strumenti europei che possano assicurare una risposta adeguata della politica di bilancio alla luce della gravità della crisi e, al contempo, migliorare le prospettive di crescita di lungo termine e la sostenibilità delle finanze pubbliche dei Paesi membri”.