Mafie

Coronavirus, ora anche Raffaele Cutolo vuole uscire: chiesti gli arresti domiciliari. Al 41bis la corsa dei boss per tornare a casa

L'avvocato del fondatore della Nuova camorra organizzata ha chiesto per il suo assistito gli arresti casalinghi. Il boss è detenuto al carcere duro da 40 anni e sta scontando quattro ergastoli. Nei reparti, intanto, sempre più carcerati chiedono ai propri legali di depositare istanze ai tribunali di Sorveglianza. Sperano tutti di ottenere il beneficio giù concesso a Bonura, boss di Cosa nostra

Pure don Raffaè tenta di approfittare dell’emergenza coronavirus per uscire di galera. E non è il solo: tra i detenuti si è aperta una vera e propria corsa per chiedere di andare agli arresti domiciliari. boss e gregari, padrini e killer provano a tornare a casa sfruttando il momento emergenziale. Dopo Francesco Bonura, il colonnello di Bernardo Provenzano che ha ottenuto di passare direttamente dal carcere duro alla sua casa di Palermo, adesso pure Raffaele Cutolo vuole andare agli arresti domiciliari. Nella mattinata del 23 aprile il suo legale, l’avvocato Gaetano Aufiero, ha presentato l’istanza al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Emilia, competente per il carcere di Parma, dove il fondatore della Nuova camorra organizzata è detenuto in regime di 41 bis.

La corsa ai domiciliari – Oggi Cutolo ha 78 anni, gli ultimi quaranta trascorsi in galera per scontare i quattro ergastoli ai quali è stato condannato. Il 19 febbraio scorso le condizioni di salute del boss si erano improvvisamente aggravate ie Cutolo era stato trasferito in ospedale. Il 9 marzo, però, era stato dimesso ed era tornato in carcere. In caso di via libera da parte del magistrato, il boss di Ottaviano sarebbe il secondo detenuto a uscire dal carcere duro in piena emergenza coronavirus. Come nel caso di Bonura, boss di Cosa nostra che ha ottenuto i domiciliari pochi giorni fa, anche Cutolo chiede di tornare a casa appellandosi alle leggi ordinarie e non a quelle emergenziali varate dal governo per combattere l’epidemia. Nel decreto Cura Italia, infatti, l’esecutivo ha stabilito che per diminuire l’affollamento dei penitenziari i detenuti condannati per reati di minore gravità, e con meno di 18 mesi da scontare, potevano farlo agli arresti domiciliari. Una norma, dunque, che escludeva i mafiosi.

La nota del Dap – Il 21 marzo del 2020, però, il Dipartimento amministrazione penitenziaria ha inviato una circolare per chiedere alle varie carceri di stilare una lista dei detenuti over 70 e con alcune patologie e di fornirla “con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”. Che determinazioni? Quella nota ha mandato fibrillazione gli ambienti giudiziari legati alla gestione carceraria. Il motivo? Non fa distinzione fra i detenuti, e quindi include in quegli elenchi di ultrasettantenni anche i circa 75o carcerati in regime di 41 bis e le migliaia che invece stanno nei reparti ad Alta sicurezza. Cioè il carcere duro dove sono reclusi boss mafiosi e stragisti. Gli stessi reparti dove negli ultimi giorni diversi detenuti stanno pensando di chiedere agli avvocati di attivarsi. E depositare una richiesta di differimento pena per motivi di salute, con una situazione aggravata dall’emergenza coronavirus. A Bonura è già stata concessa. D’altra parte nell’elenco di carcerati over 70 trovano posto pericolosi boss di Cosa nostra come Leoluca Bagarella, killer dei corleonesi e cognato di Totò Riina, il cassiere della mafia Pippo Calò, il boss di Catania Nitto Santapaola e il capostipite della ‘ndrangheta Umberto Bellocco.