Fatti a motore

Suzuki, dal primo telaio tessile alla fuoristrada Jimny. Una storia lunga 100 anni

Il costruttore giapponese di auto e moto diventa centenario: nel 1920 la costituzione della Suzuki Loom Manufacturing e nel 1970 la LJ10, prima 4x4 della casa

Era il 1920 quando Michio Suzuki, con un capitale di 5000 Yen (oggi, nella nostra valuta, sarebbero poco più di 4.000 euro), riuscì a mettere su la Suzuki Loom Manufacturing: quella che poi nel 1954 sarebbe diventata una “Motor Corporation”, è oggi uno dei maggiori costruttori asiatici di auto e moto, con un fatturato annuo di oltre 30 miliardi di euro.

Ma la storia di Suzuki parte da lontano e ancor prima di quel 1920: nel 1909, infatti, Michio Suzuki aveva dato inizio alla produzione industriale di telai tessili. Figlio di una tessitrice, decise di aiutare la madre a espandere il proprio lavoro aprendo un laboratorio nella sua città, Hamamatsu, e realizzando un telaio in grado di lavorare i tessuti in poco tempo e in modo preciso.

Questo, appunto, gli consentì, qualche anno più tardi, di costituire una vera e propria società, ma l’ingresso nell’ambito dell’industria automobilistica era ancora di là da venire. Il primo motore di Suzuki, infatti, fu quello (piccolo e alternativo) per far muovere una bicicletta: era già il 1952 ma tre anni più tardi, nel 1955, Suzuki presentò il suo primo modello di auto, la Suzulight, con un propulsore a due tempi di 360 cc.

Poi, nel 1970 la LJ10, prima 4×4 Suzuki e primo modello della lunga dinastia Jimny; e ancora il fuoristrada Vitara, il primo ad avere sospensioni “automobilistiche” e ad anticipare quello che sarebbe stato il segmento di punta degli ultimi anni, il suv compatto: correva l’anno 1988.

Oltre alle auto, nel corso dei decenni Suzuki ha lasciato pietre miliari anche al settore delle due ruote: nel 1960 le sue moto esordirono sulla pista per poi ottenere il primo titolo mondiale due anni più tardi. Nel 1971 arrivò, invece, la grande GT750, con raffreddamento a liquido e lubrificazione separata, una cosiddetta“maxi-moto”, seguita dieci anni dopo dalla prima Katana in versione 1100: innovativa e singolare anche perché “figlia” di un progetto iniziale di ingegneri specializzati nell’ambito automobilistico.