Cinema

Cahiers du Cinema, dimissioni di massa dopo il cambio di proprietà. Che avrebbe chiesto di essere più accomodante con il cinema francese

I nuovi azionisti hanno fatto sapere che non hanno dato nessuna istruzione ai giornalisti sul lavoro da svolgere: “La redazione deve scrivere ciò che vuole sul cinema. Non condizioniamo le loro scelte”

Dimissioni in massa ai Cahiers du Cinema. Tutti i 15 membri della redazione della celebre rivista fondata nel 1951 da Andre Bazin, epicentro critico del paradigma della “politica degli autori”, spazio in cui si formarono, tra gli altri, i “critici” Francois Truffaut, Eric Rohmer, Jean Luc Godard e Claude Chabrol, hanno dato le loro dimissioni dopo che ai vertici della rivista è avvenuto un sostanzioso cambio di proprietà.

Il 30 gennaio scorso i Cahiers sono stati acquisiti da una cordata guidata da Eric Lenoir e che comprende diversi produttori cinematografici. Il problema, secondo il vicedirettore dimissionario dei Cahiers, Jean-Philippe Tessé consisterebbe nella richiesta rivolta alla redazione da parte della nuova proprietà di essere più accomodanti nei confronti del cinema francese. Lenoir ha smentito ricordando che i nuovi azionisti non hanno dato nessuna istruzione ai giornalisti sul lavoro da svolgere: “La redazione deve scrivere ciò che vuole sul cinema. Non condizioniamo le loro scelte”.

Le Monde ha riportato l’elenco delle venti personalità che hanno rilevato economicamente i Cahiers: “Grégoire Chertok, banchiere di Rothschild, e uomini d’affari come Xavier Niel – azionista di Le Monde – (…) ma anche otto produttori come Pascal Caucheteux, che ha creato Why Not Productions (Dheepan; Io, Daniel Blake) o Toufik Ayadi e Christophe Barral (Les Misérables)”. Eugenio Renzi sul Il manifesto parla, tra l’altro di “venti amici dei Cahiers che dopo un anno di trattative, hanno rilevato la rivista. Il progetto è a fondo perduto, e nessuno di loro si aspetta di guadagnare alcunché: si tratta, hanno detto, di love money”. Insomma non di certo dei produttori di cinepanettoni. Ma alla base del conflitto rimane l’idea di autonomia di espressione di quello che ancora viene simbolicamente considerato il tempio della critica cinematografica indipendente. Rivista che comunque negli anni ha subito vari scossoni e si trasformata e ritrasformata più volte a livello di paradigma critico sulla materia cinema.

Intanto la concorrenza di Positif ha rimescolato per decenni le carte in tavola e c’è stato un momento in cui i dirimpettai sono diventati più “giovani turchi” dei Cahiers stessi. Allo stesso tempo altre riviste come Les Inrockuptibles sul finire degli anni ottanta hanno rimodulato l’approccio al tema della critica cinematografica sulle riviste del settore. Tutto questo ha portato soprattutto sul finire dei novanta e ad inizio del nuovo secolo anche a diverse crisi di vendita ciclica, non solo dei Cahiers ma dell’intero settore, che infine ha provocato l’arrivo di questa nuova e contestata cordata. Tra le altre cose, viste le dimissioni della redazione, dato comunque da aggiornare perché pare che almeno un paio di redattori abbiano fatto dietrofront, al comando non ci saranno più Stéphane Delorme e Jean-Philippe Tessé che la dirigono da dieci anni. Giusto per rimanere in tema di rinnovamento e di spirito del tempo, come segnala polemicamente una collega proprio di Les Inrockuptibles, Emily Barnett, i Cahiers avevano solo due donne come redattrici. Insomma, oltre ai problemi di indipendenza economica, di sopravvivenza nelle vendite, di nuovi paradigmi critici, si apre la questione di genere e chissà magari ai Cahiers potrebbe arrivare una direttrice donna.