Politica

Conte: “In agenda 2023 attueremo potenzialità del reddito di cittadinanza. Valutazione della misura non si può fare a meno di un anno”

Il presidente del Consiglio, intervenendo a Palazzo Madama, ha difeso il provvedimento introdotto dal governo gialloverde e garantito sarà potenziato nei prossimi mesi. E ha risposto alle critiche sui mancati effetti chiedendo che la valutazione non sia prematura: "L'efficacia non si riduce al numero dei beneficiari"

“Resta fermo l’impegno del governo a attuare nella sua massima potenzialità il reddito di cittadinanza, al fine di migliorarne la capacità di contrasto alla povertà e di incentivare il reinserimento socioeconomico, nell’ambito della definizione dell’Agenda 2020-2023“. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rispondendo al question time al Senato ha garantito che il reddito di cittadinanza sarà una misura centrale anche nel piano dei prossimi mesi dell’esecutivo. Una presa di posizione richiesta anche alla luce della nuova raccolta firme annunciata da Forza Italia nelle scorse ore per fare un referendum che abolisca la misura.

“La valutazione”, ha continuato il premier, “di una misura complessa quale il reddito di cittadinanza, che richiede, proprio in riferimento alla componente di attivazione sociale e lavorativa, il rafforzamento dei relativi servizi, non può essere effettuata, sarebbe irragionevole, a meno di un anno dalla sua entrata in vigore, in quanto richiede un tempo congruo per poterne valutare con completezza l’efficacia”. La riforma “è in linea con le migliori pratiche di welfare già sperimentate in Ue”.

Nel merito, Conte ha riferito: “Si rileva che circa la metà dei nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza, tenuti agli obblighi di attivazione, viene indirizzato ai servizi dei comuni competenti in materia di contrasto alla povertà, al fine della definizione di un patto per l’inclusione sociale. Come affermato dagli stessi interroganti, infatti, la misura è rivolta a una platea vulnerabile, formata per la gran parte da persone da anni disoccupate, ovvero prive di specializzazione o di una adeguata formazione. L’efficacia complessiva di questa politica non può essere valutata soltanto in base alla percentuale di beneficiari che hanno trovato un’occupazione”. Infine, ha dichiarato il premier, la misura “va esaminata in riferimento alla capacità di preservare i diritti essenziali e la dignità della persona e del suo nucleo familiare, garantendo ai beneficiari, oltre al sostegno economico, anche un insieme di servizi di accompagnamento e supporto per l’inclusione sociale e lavorativa, favorendo la capacità autonoma di contribuire alla propria comunità ed impedendo la trasmissione intergenerazionale della povertà. Ho sempre detto che con questa riforma noi applichiamo l’art. 3 secondo comma della Costituzione laddove si parla di eguaglianza sostanziale”.