Musica

Dardust, il mago delle hit a FqMagazine: “Soldi è nata in due ore con Mahmood, senza pressioni. Ansia da prestazione per Nuova Era con il mio mito Jovanotti”

Dario Faini è uno dei produttori e autori più prolifici e sulla cresta dell'onda del panorama musicale italiano. C'è lui dietro alcuni dei successi di Mahmood, Fedez, i Thegiornalisti e tanti altri interpreti. Il segreto per costruire una hit? “Il rapporto con l'artista e la voglia di costruire qualcosa di completamente diverso insieme”, ci rivela. Intanto esce “S.A.D. Storm and Drugs”, l'ultimo capitolo della sua trilogia musicale, un progetto neoclassico/elettronico parallelo

Magnifico” di Fedez, “Pamplona” di Fabri Fibra, Soldi e Barrio di Mahmood, ma anche Nero Bali di Elodie e tutti i successi de The giornalisti come Riccione, Questa nostra stupida canzone d’amore e Felicità puttana. Sono solo alcune delle hit che portano anche la firma di Dario Faini, il cui nome d’arte è Dardust. Dario – che sarà presente al prossimo Festival di Sanremo in veste di produttore con Elodie e Rancore in gara – coltiva parallelamente un progetto artistico neoclassico/elettronico, personale e d’atmosfera che racconta la sua storia personale e non solo. Si chiude con l’ultimo album “S.A.D. Storm and Drugs” legato alla città di Londra, la trilogia di Dardust iniziata con “7” (dedicato a Berlino) e “Birth” (con al centro Reykjavik).

Chi era piccolo Dario che ha iniziato a nuove anni a suonare il piano e chi, invece, Dario Dust nel 2000 che muoveva i primi passi nella musica?
Dario bambino era curioso e sempre preso dallo stupore, veniva sempre preso in giro per questo. Lo stupore è rimasto ancora oggi, sotto forma di curiosità anche nei confronti dei colleghi più giovani che hanno un lato creativo tale che ti consente di sposare nuovi progetti. Io voglio sempre lavorare con i giovani, il loro stupore è il mio. Dario dust invece era un ragazzo che voleva le cose subito, in fretta con i suoi primi tentativi musicali di farla breve, veloce e senza farsi il culo. Infatti le prime cose che ho fatto non mi hanno portato da nessuna parte, anzi mi hanno messo in crisi. Poi mi sono riappropriato di me stesso, senza scorciatoie. Oggi non mi aspetto mai nulla, come sempre, quello che verrà verrà. Penso solo sia una benedizione il fatto che io sia qui e con l’animo in pace di chi non ha utilizzato scorciatoie.

Perché una trilogia che attraversa tre città così diverse tra loro: Londra, Berlino e Reykjavik?
È un percorso nuovo fatto di musica, senza parole. Berlino è una realtà sempre al servizio della creatività che consente di proiettare l’immaginario verso lo spazio musicale. Berlino mi ha dato stimoli importanti sin dall’adolescenza, quando ascoltavo musica da David Bowie agli U2 con ‘Achtung Baby’, un album fondamentale per la mia formazione artistica. Poi è arrivata Reykjavik con artisti come i Sigur Ros e Bjork, un tipo di immaginario musicale che richiamava gli spazi aperti di quelle zone. Per me che vengo dalle Marche era un po’ come sentirsi a casa ma tutto proiettato all’ennesima potenza, visto che l’Islanda è sostanzialmente la terra allo stato primordiale con la contrapposizione dei due elementi come il fuoco e il ghiaccio in un minuscolo spazio. Infine c’è Londra, indiscutibile crocevia e capitale musicale europea di tanti genere, non solo il brit pop, ma anche altri stili come il jazz che incontra il rock. Da Londra è nato il concetto della tempesta di neve che era anche la mia tempestiva emotiva, dovuta alla chiusura di una storia d’amore per me molto importante, culminata con alcuni problemi familiari legati al terribile terremoto che causato la distruzione della nostra casa nelle Marche. Tutti questi eventi hanno creato in me non poche turbolenze tra cui il diventare un maniaco del controllo. Ma dovevo tornare indietro per reagire e migliorare me stesso. Da qui nasce il senso del mio autobiografico ‘S.A.D. – Storm and Drugs’. Una vera e propria terapia. In questo album ci sono tanti colori, ma anche la paura e l’estasi e il senso di sublime. Se vogliamo c’è una riscoperta del lato infantile e fiabesco, compreso lo stupore che ho vissuto nei primi anni quando ho scoperto che la musica.

Come nasce una hit, qual è il tuo segreto?
Per me è fondamentale avere una idea a tutto tondo dell’artista con cui lavoro e conoscere il suo percorso artistico. Quando incontro un artista quindi mi piacerebbe essere per lui un qualcosa che rappresenti la sua evoluzione musicale con colori nuovi e diversi step da fare. Lavoro molto di sintesi con le mie canzoni, quindi una delle mie caratteristiche sono il riff il drop, oltre che la struttura. Mi piace molto quando lavoro alla forma-canzone per rendere tutto sintetico e necessario, senza alcun nessun orpelli. Se bisogna dire una cosa, lo si deve fare al momento giusto e con la giusta identità. È fondamentale però che arrivi tutti da un input emozionale, da un certo tipo di energia ed emotività con l’artista con cui collabori. Finché non esce quella roba lì, il pezzo non si chiude.

Raccontaci la collaborazione fortunata con Mahmood, come è nata “Soldi”?
‘Soldi’ è nata in un pomeriggio, in due ore nella totale libertà creativa. La fortuna di quella canzone è stata che non abbiamo pensato a nulla e non avevamo pressioni esterne. Certo, Mahmood aveva superato lo scoglio della sezione Giovani, ma nessuno di noi avrebbe potuto mai prevedere quello che poi è successo. Avevo invece molta più ansia quando ho collaborato con Jovanotti per Nuova Era, per me era un onore ed anche un artista che ammiro e che seguo da anni. Quindi con Mahmood è stato tutto nuovo e puro da costruire, non c’era la pressione di arrivare chissà dove. Abbiamo immaginato con lui un mondo urban e poi sicuramente c’è lui che ha fatto la differenza sul palco.

Anche con i Thegiornalisti è andata più che bene. Come ti sei trovato a collaborare con Tommaso Paradiso?
Tommaso ha creduto in me sia come autore che produttore e di questo gliene sarò sempre grato. Con ‘Riccione’ abbiamo fatto un lavoro insieme sia sulla scrittura che nella ricerca del suono, che fosse un arrangiamento diverso in modo da creare una nuova identità, grazie alle sue idee e alla melodia che ne è scaturita. Si è affidato totalmente e ha avuto molta fiducia in me.

Ti vedremo a Sanremo?
Non come direttore d’orchestra dopo lo scorso anno con ‘Soldi’! È stata una parentesi talmente bella, culminata con la vittoria, che sarà irripetibile. Ci sarò, ma in veste di produttore per i brani di Elodie e Rancore. Elodie porta un brano che non è proprio sanremese, è uno di quelli che ‘entra’ piano piano, ascolto dopo ascolto.

Cosa farai dopo questa trilogia?
Vorrei trasformare questo ultimo album rendendolo totalmente minimale, con il pianoforte, proprio come è nato. Vorrei poi esplorare nuove sonorità, andando in Brasile, in Sud America. E poi certo, mi piacerebbe, collaborare con Sakamoto. Tanto sognare non cosa niente, no?

*Foto Emilio Tini