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Stuprarono e uccisero studentessa, condannati saranno giustiziati per decisione dell’Alta corte indiana

Le pena capitale sarà eseguita il 22 gennaio. Nirbhaya (Colei che non ha paura, nome di fantasia della vittima), aveva 23 anni e fu aggredita su un autobus nel dicembre del 2012

Sette anni fa furono condannati alla pena di morte per aver stuprato fino alla morte una studentessa. Le pena capitale sarà eseguita il 22 gennaio. Nirbhaya (Colei che non ha paura, nome di fantasia della vittima), aveva 23 anni e fu aggredita su un autobus nel dicembre del 2012. Fu seviziata anche una sbarra di ferro. Mukesh Singh, Vinay Sharma, Pawan Gupta e Akshay Thakur, questi i nomi degli imputati, all’epoca tra i 19 e i 26 anni, furono giudicati colpevoli di tutti i capi d’accusa formulati nei loro confronti. Nel 2017 la Corte Suprema ha rifiutato una richiesta di appello contro la condanna. Lo scorso dicembre uno dei condannati aveva presentato al Presidente indiano una richiesta di grazia, che è stata rigettata. La madre della vittima, Asha Devi (nella foto), aveva fatto appello al primo ministro perché la pena capitale fosse eseguita: “Ho aspettato con dignità la giustizia per tutti questi anni. Sono stanca. La mia pazienza è finita. Ma non sarò in grado di riposare fino a quando gli assassini di mia figlia non saranno puniti “.

Un un quinto imputato, minorenne al momento dei fatti, è stato condannato a tre anni di riformatorio, pena massima prevista dalla legge in India per le persone sotto i 18 anni: una limitazione che aveva suscitato molte polemiche e spinto diversi settori sociali a chiedere una riduzione a 16 anni dell’età minorile. Un sesto membro del “branco”, Ram Singh, considerato il regista dell’assalto sessuale, si era impiccato in carcere. A seguito delle proteste scatenate dallo stupro della studentessa – morta dopo 13 giorni di agonia – il governo ha modificato alcune delle leggi sulle violenze sessuali e ha creato tribunali speciali per accelerare lo svolgimento dei processi, che spesso durano più di 10 anni.

Nirbhaya era diventato simbolo di proteste in tutto il Paese contro il trattamento riservato alle donne. L’unica “colpa” della studentessa di medicina consisteva nell’essere salita a bordo di un autobus con un suo amico, anche lui pestato da una banda composta da sei persone. La vita della ragazza che sognava di condurre un’esistenza diversa da molte sue coetanee tenute in una posizione di totale sottomissione fu stroncata con una violenza inaudita. Ma il caso aveva portato a una presa di coscienza collettiva nei confronti della violenza contro le donne.