Diritti

Riconoscere gli animali come esseri senzienti è un dovere etico e legale

Sabato 21 dicembre alle ore 15, a Milano, si svolgerà un corteo di tutte le associazioni animaliste – autodenominatesi Task Force Animalista (con il supporto di Animalisti Italiani, Parma Etica e Associazione CA.TE.RI.NA) – per ottenere dal Parlamento una riforma del codice civile che riconosca gli animali come esseri senzienti e non più solo come beni (“soggetti, non oggetti”).

Infatti, ad oggi gli animali sono ancora considerati res, cose, eredità del diritto romano mai modificata. Infatti, se leggiamo l’art. 812 del Codice civile, vediamo che il mondo che ci circonda secondo il diritto vigente è costituito solo da beni, immobili e mobili, e gli animali, seppure non citati, rientrano in questa seconda categoria. Il che è del resto confermato dal disposto degli articoli 820 e 923 dello stesso codice.

Non è la prima volta che la Task Force scende in piazza per manifestare in questo senso, e c’è da ritenere che lo continuerà a fare finché la modifica non verrà approvata. Del resto, dal punto di vista legislativo, l’operazione non sarebbe (diciamo “non sarà”, siamo ottimisti) né lunga né complicata, posto che si tratterebbe solo di una specificazione ulteriore del codice civile e non già della Costituzione. E tra l’altro si adempirebbe anche a un obbligo internazionale, visto che il Trattato di Lisbona, all’art. 13, afferma: “L’Unione ​e gli stati membri ​tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”.

Ma a parte la normativa internazionale, la modifica non farebbe altro che recepire soprattutto un sentimento sempre più diffuso fra la popolazione e un dato inoppugnabile di carattere scientifico, posto che la scienza riconosce negli animali sia sentimenti che intelligenza. E non solo negli animali, visti i progressi che si sono ottenuti anche nel campo vegetale (leggasi Stefano Mancuso). E qui diffido i lettori dal commentare con banalità del tipo che allora non si dovrebbero più mangiare animali (il che peraltro personalmente sostengo) o piante. Sarebbe un riconoscimento doveroso, che aprirebbe auspicabilmente altresì il campo a ulteriori modifiche nel linguaggio, come quella che definisce certi animali come “da reddito”.

Del resto, nel mondo ci sono ad oggi riconoscimenti di esistenza di diritti in capo non solo ad animali, ma anche a cose, a tutti gli effetti (almeno per il modo di sentire di noi occidentali). E’ quella che più in generale viene definita come “personalità giuridica della natura”. Sia l’Ecuador che la Bolivia riconoscono ad esempio a livello generale i diritti della natura, di cui l’uomo deve essere garante.

E vi sono poi anche dei riconoscimenti di singoli beni naturali, come accaduto in Nuova Zelanda, nel 2017, dove il Parlamento ha accordato al fiume Whanganui (sacro al popolo Maori) e ai suoi affluenti lo status di “persona giuridica”.

Certo, questo diritto attinge alla sensibilità dei popoli indigeni, e qui in occidente ci differenziamo molto, ma chissà, potrebbe anche essere che cominciando con gli animali, cominciando con entità non umane, si possa fare auspicabilmente un cammino oggi imprevedibile. Sarà che si avvicina il Natale che mi sento di fare una volta tanto previsioni non apocalittiche…