Politica

Arcelor, il governo frena la fuga. Conte: “Causa sospesa se è assicurata la produzione. Ora l’obiettivo è un nuovo piano industriale”

Al termine di 4 ore di trattativa a Palazzo Chigi con i proprietari del colosso siderurgico, il premier annuncia che c'è stata "una grande apertura" ma sarà una "negoziazione faticosa e lunga". L’impegno del Governo per "il massimo livello di occupazione" e "nuove soluzioni produttive con tecnologie ecologiche"

ArcerlorMittal è “disponibile a un’interlocuzione”, c’è stata “una grande apertura” ma sarà una “negoziazione faticosa, lunga, complicata”. L’annuncio arriva dal premier Giuseppe Conte, al termine di quattro ore di trattativa a Palazzo Chigi con i proprietari del colosso siderurgico. Il primo obiettivo del governo è stato raggiunto: l’azienda è tornata a trattare. Ma un accordo ancora è lontano e per questo il premier spiega che verrà chiesto “ai commissari di acconsentire ad una breve dilazione dei termini giudiziari in modo da ottenere il rinvio dell’udienza, lasciando in pregiudicato qualsiasi diritto di difesa posponendo semplicemente l’udienza in modo da consentire che si realizzi questa interlocuzione“. Tradotto: spostare più in là l’udienza fissata per mercoledì della settimana prossima dal tribunale di Milano sul ricorso alla richiesta di recesso avanzata dal colosso franco-indiano, in modo da avere più tempo per trovare un’intesa. Il governo però è disponibile a concedere questo rinvio a una condizione: “Che Arcelor Mittal assicuri il normale funzionamento degli impianti”, sottolinea Conte. L’obiettivo della trattativa “è un nuovo piano industriale con nuove soluzioni produttive con tecnologie ecologiche e massimo impegno nel risanamento ambientale”, spiega poi il premier, aggiungendo che “è stata valutata anche la possibilità di un coinvolgimento pubblico nel nuovo progetto. Abbiamo messo subito sul tavolo il pieno coinvolgimento del sistema Italia“.

Conte racconta di aver preso atto che c’è oggi da parte dell’azienda una “mutata disponibilità“, che c’è stata una “grande apertura”. Pur precisando: “Fermo restando che non abbiamo incassato nessun risultato“. Si apre, sottolinea, una “negoziazione che sarà faticosa, lunga, complicata, con tanti risvolti tecnici, economici, giuridici”. “Il Governo è disponibile a sostenere questo processo”, prosegue Conte, “anche con misure sociali, se necessarie, in accordo con i sindacati“. C’è infatti l’impegno del Governo per “il massimo livello di occupazione“, di fronte invece alla richiesta di 5mila esuberi avanzata dall’azienda. Si punta, inoltre, a “nuove soluzioni produttive con tecnologie ecologiche e massimo impegno nel risanamento ambientale. Sono stato molto chiaro con loro ho riferito anche della grande sensibilità della cittadinanza tarantina e anche nazionale”, aggiunge Conte nella breve conferenza stampa che ha fatto seguito al vertice. “Non abbiamo discusso di scudo penale ma di come risolvere il problema del polo industriale che in prospettiva ha rilievo per l’intero sistema manifatturiero nazionale. Voi giornalisti siete interessati a quello, a me come decisore politico preoccupa molto di più e sono concentrato sull’obiettivo di ottenere un piano industriale sostenibile“, dice il premier prima di concludere: “Di scudo parlate da soli“.

Al tavolo a Palazzo Chigi, oltre a Conte, erano presenti da una parte i ministri dell’Economia Roberto Gualtieri e allo Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Dall’altra i proprietari del colosso siderurgico Arcelor Mittal, Lakshimi Mittal e il figlio Aditya. Si è poi aggiunta anche Lucia Morselli, ad di AncelorMittal Italia. Un confronto teso, una trattativa durata oltre 4 ore e terminata poco dopo le 23, con al centro il futuro dell’acciaieria di Taranto. Ma i nodi da scogliere restano prima di arriva a un blocco della loro richiesta di recedere dal contratto. Il più importante è quello sull’occupazione: i 5mila esuberi di cui si è parlato possono essere evitati? Un altro nodo riguarda le garanzie sull’altoforno 2, sul quale pende il giudizio del Tribunale di Taranto circa lo spegnimento da prendere il 13 dicembre. Un rischio descritto dai commissari come “altamente improbabile” nel ricorso d’urgenza ex articolo 700 consegnato ai giudici milanesi. Ma si sta ragionando anche sulla possibilità di riconvertire un altoforno – si parla dell’1 – con l’uso del preridotto, il che implicherebbe la necessità di meno manodopera nel nuovo impianto. La tecnologia prevede l’uso di un semiprodotto di ferro da scaldare e fondere in un apposito apparecchio che prenderebbe il posto dell’altoforno 1 e di un forno elettrico al posto dei convertitori a ossigeno che trasformano la ghisa in acciaio.

Mentre la politica cerca di dipanare questi nodi, nelle aule giudiziarie lo scontro si apre su più fronti. “Ci venga detto chiaramente rispetto agli impegni presi qual è la posizione di Mittal, da lì partiremo”, ha detto Conte prima di iniziare la maratona negoziale. Intanto, a Taranto, carabinieri del Noe, del Nucleo sulla sicurezza sul lavoro di Roma e del Comando provinciale locale hanno compiuto una ispezione nello stabilimento ex Ilva. Le indagini della procura tarantina puntano sulle ipotesi di reato di distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita. A Milano, invece, gli inquirenti ipotizzano i reati di distrazione di beni dal fallimento e aggiotaggio informativo. La procura meneghina, in particolare, sostiene che il venir meno dello scudo sarebbe stato usato come pretesto per chiedere la cessazione delle attività. Arcelor Mittal, insomma, avrebbe già pianificato la chiusura dell’impianto, bloccando l’approvvigionamento di materie prima.