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Bolivia, 6 morti e 30 feriti. Morales: “Un attacco coordinato dalla dittatura con gli Usa”

Lo scontro tra polizia e manifestanti è avvenuto nei pressi di un impianto di idrocarburi, che negli ultimi giorni era stato isolato da alcuni sostenitori dell'ex presidente. Che via Twitter dice: "Finora la repressione di polizia e forze armate ha provocato 30 morti"

Continuano i disordini in Bolivia, dove la crisi ha portato l’ex presidente Evo Morales a fuggire in Messico. Almeno sei persone sono morte e altre trenta sono rimaste ferite dai militari a El Alto vicino a La Paz, vicino all’impianto di idrocarburi di Senkata. Un attacco che secondo Morales “è stato coordinato insieme agli Stati Uniti” dalla “dittatura di Mesa, Camacho, Áñez. Che le nuove generazioni sappiano – ha proseguito su Twitter – che così si comporta la destra sottomessa a politiche genocide contro il popolo umile”.

La zona attaccata dai militari era isolata da giorni dai sostenitori dell’ex presidente, che chiedevano la rinuncia del suo autoproclamato successore, Jeanine Anez, sostenuta da Bolsonaro ed eletta senza il necessario quorum del Parlamento, tanto che Morales – che era stato rieletto il 20 ottobre – ha parlato di “golpe subdolo”. L’obiettivo dei militari era quello di favorire l’uscita di 40 camion cisterna dall’impianto, ma ci sono stati scontri: alcuni manifestanti presenti hanno parlato di uso eccesso della violenza da parte delle forze di sicurezza, mentre il ministro della Difesa Fernando Lopez ha sostenuto che le forze armate “non hanno sparato un solo colpo” e ha detto di attendere il risultato dell’indagine per accertare le cause dei decessi. Citato dal quotidiano La Razon, il ministro ha denunciato “il movimento di queste persone come mero vandalismo”. L’ultima vittima è Clemente Mamani, un giovane di 24 anni deceduto verso le 23 ora locale nell’ospedale Corazon de Jesus. Morales accusa però “la dittatura di avere provocato già 30 morti e decine di feriti con la repressione di polizia e forze armate” dall’inizio della crisi. Via Twitter il leader boliviano ha rivolto un appello alla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) e all’Onu affinché “denuncino e frenino questo massacro di fratelli indigeni che chiedono nelle strade pace, democrazia e rispetto della vita”.

Seduta sospesa in Parlamento – Intanto, come aveva anticipato l’ex presidente, il 19 novembre il governo ha sospeso la seduta in cui i deputati avrebbero dovuto esaminare il futuro processo elettorale dopo l’annullamento di quello svoltosi il 20 ottobre, ma i partiti vicini alla presidente ad interim Jeanine Anez sostenevano che i parlamentari avrebbero potuto esaminare le lettere di dimissioni del presidente Morales e del suo vice, per respingerle. Via twitter, poi, Morales ha denunciato “davanti alla comunità internazionale che nel vecchio stile applicato dalle dittature, la Piazza Murillo è circondata da autoblindo militari”. E che “il governo golpista di (Carlos) Mesa, di (Luis Fernando) Camacho e (la presidente ad interim Jeanine) Anez hanno un piano per chiudere l’Assemblea legislativa plurinazionale”.