Musica

“Carmen paga perché troppo libera”: le donne e la lotta per la libertà nel teatro di VoceallOpera

A Milano la compagnia under35 riparte dallo Spazio Teatro 89 per raccontare l'attualità di due opere di Monteverdi e Bizet. Il direttore artistico Aliverta: "In entrambe le protagoniste muoiono per mano di chi dice di amarle? L'uomo trova sempre una giustificazione per il suo abuso. In realtà è sempre un sopruso"

Spoiler: alla fine, lei muore. Traviata, Tosca, Aida, Carmen: tra malattie, suicidi e omicidi le donne nel melodramma hanno spesso la peggio. Abbandonate, tradite, perfino assassinate. “Un problema attualissimo: è sempre la donna a pagare il prezzo degli errori degli uomini” spiega Gianmaria Aliverta, direttore artistico di VoceAllOpera, compagnia under 35 che ha inaugurato la stagione allo Spazio Teatro 89, vivacissimo teatro di periferia di Milano. Il primo titolo del cartellone è un dittico inusuale, che unisce Monteverdi e Bizet: Il Combattimento di Tancredi e Clorinda e una Carmen “petite”. Entrambe le protagoniste muoiono per mano di chi diceva di amarle: una vittima di un equivoco, l’altra di un eccesso di gelosia. “L’uomo trova sempre una giustificazione per il suo abuso, tirando in ballo la religione, o una libertà difficile da accettare. Ma in realtà è solo sopruso di forza“.

La vicenda di Tancredi e Clorinda, raccontata da Torquato Tasso, è una storia d’amore tra un guerriero cristiano e una musulmana, che si affrontano in battaglia senza riconoscersi. “Nonostante sia un madrigale del Seicento, è un’opera attualissima – commenta Daniele Piscopo, regista debuttante nella scuderia di VoceAllOpera – Oggi Tancredi e Clorinda sarebbero due soldati di qualche Paese lontano”. Piscopo allestisce la battaglia in modo poetico ed evocativo: fettucce di plastica nera, la scultura di un cavallo, vernice rossa fresca e l’acqua del battesimo finale. Fine. Il resto lo fa la voce del soprano Isabel Lombana Mariño, i ballerini e il pianoforte di Andrès Gallucci.

VoceAllOpera riesce sempre a stupire: l’orchestra è sul palco, la scena è nel parterre e il pubblico è sugli spalti. I cantanti si muovono tra le gradinate e le distanze e le pareti si annullano: ad Aliverta bastano due sedili in pelle e una tendina da bar di periferia per allestire una Carmen che in settanta minuti condensa la musica di Bizet e la drammaturgia di Brook. Un cast particolarmente espressivo e convincente (Leon De La Guardia è Don Josè, Omar Kemata Escamillo) in cui spicca una Carmen sensualissima e sfrontata, Elena Caccamo: “Quando faccio Carmen per due ore vivo un brivido, una sensazione di completezza che nella vita raramente provo” racconta il soprano nei camerini. “Tutti gli studiosi sono d’accordo: non è un caso che Bizet abbia scelto una donna per incarnare tutta questa vitalità”. Vitalità che è difficile da domare e quindi viene spezzata. “Alla fine mi domando sempre: la sente la paura? Vorrebbe scappare? Sì. Ma per amore della libertà va incontro al suo destino, accetta la morte”.

Tutte le foto in pagina sono di Gianpaolo Parodi