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Siria: uccisioni, stupri e torture. Su FQMillenniuM in edicola, i racconti da Kobane dei profughi di Afrin vittime dell’attacco turco

Sul numero del mensile del Fatto Quotidiano, in edicola dal 12 ottobre, le storie delle popolazioni curde che hanno dovuto abbandonare le loro case durante l'offensiva di Ankara del 2018, sostenuta anche da gruppi jihadisti. A separarli dalla loro terra, oggi, c'è un muro alto 4 metri. "Sono come l’Isis, hanno imposto la Sharia e si sono impadroniti di tutto. Sembra il Califfato", dicono. Dopo il nuovo attacco voluto da Erdogan, il timore è che quello che è successo ad Afrin possa replicarsi nel resto del Rojava

Proprio alla vigilia dell’invasione turca, due giornalisti del mensile FQMillennium erano a Kobane, nel Kurdistan siriano, per documentare l’alleanza fra turchi ed ex combattenti dell’Isis e per raccogliere le testimonianze degli sfollati fuggiti da Afrin, la città annessa dalla Turchia e cinta da un muro voluto da Erdogan. Il loro reportage è pubblicato sul numero del mensile diretto da Peter Gomez in edicola da sabato 12 ottobre.

Uccisioni, stupri, torture ed estorsioni. Per un giornalista occidentale è quasi impossibile, oggi, riuscire a documentare ciò che succede ad Afrin. La cittadina curdo-siriana è stata di fatto annessa al territorio turco, grazie anche alla costruzione di un muro alto 4 metri ai suoi confini, dopo l’operazione militare di Ankara ribattezzata Ramoscello d’Ulivo. Quell’operazione è stata portata avanti con l’aiuto di gruppi siriani che fanno parte del Free Syrian Army, all’interno del quale si trovano anche formazioni jihadiste.

Le poche informazioni arrivano dai racconti di chi ad Afrin è nato e cresciuto, ma è dovuto fuggire di fronte alla violenza degli islamisti e ai bombardamenti di Ankara: “I gruppi jihadisti ad Afrin sono come l’Isis – racconta una testimone a FQMillenniuM –, hanno imposto la Sharia, il velo alle donne che non possono uscire di casa senza rischiare la vita. Se ti fermano, ti sequestrano e chiedono il riscatto. Se sei donna, ti violentano”.

Le scene a cui queste persone hanno assistito ricordano le barbarie del Califfato, solo che gli uomini che le commettono, adesso, portano sul braccio la bandiera rossa con la Mezzaluna: “Un giovane in uniforme è stato catturato in un villaggio vicino alla città – insistono – Gli hanno messo un cappio intorno al collo, lo hanno legato a un’auto e lo hanno trascinato per strada. Lo hanno strangolato così”.

I rifugiati di Afrin, sparsi per tutto il Rojava, la regione a maggioranza curda nel nord-est della Siria, sperano di poter un giorno respingere i militari di Ankara e tornare a casa. Ora, però, dopo essersi rifugiati a Kobane, l’incubo è tornato con l’ultima offensiva turca nel nord della Siria: l’operazione “Fonte di Pace”. La città simbolo della resistenza curda a Isis è sotto attacco da parte della Turchia, in un’operazione simile a quella che ha portato alla conquista di Afrin. Davanti agli sfollati, di nuovo, i tank di Ankara e i miliziani jihadisti sostenuti dal governo Erdogan. Il timore è che le stesse barbarie viste ad Afrin vengano replicate in altre città del Rojava.

Leggi il reportage completo su FQMillenniuM in edicola da sabato 12 ottobre