Economia

Grecia, il governo Mitsotakis punta sulle rinnovabili ma continua a dare licenze per estrarre petrolio. E inquieta Ankara

Atene riceverà dalla Bei 700 milioni da investire in parchi eolici, impianti fotovoltaici o a biomassa e centrali idroelettriche. Ma intanto ratifica con Total, ExxonMobil, Greek Petroleum e Repsol-Hellenic Petroleum Consortium concessioni per sfruttare giacimenti di idrocarburi. Intanto Israele ed Egitto fanno affari sul gas. La Turchia guarda come fumo negli occhi il quadrumvirato energetico (dentro c'è anche Cipro) con il benestare di Washington

Il nuovo governo greco guidato dal liberal-conservatore Kyriakos Mitsotakis punta molto sulle fonti di energia rinnovabili. Ma al tempo stesso, vista la concomitanza delle licenze di trivellazione concesse da Cipro a Exxon, Eni e Total, flirta con il fossile con la sponda di Washington. Atene ha iniziato la settimana di incontri strategici all’Onu nella consapevolezza che il dossier energetico sarà decisivo anche per le sorti geopolitiche nel Mediterraneo orientale. E lo ha fatto con una mossa, quella del doppio forno appunto, che inquieta Ankara.

Sarà di 700 milioni di dollari l’investimento complessivo messo sul piatto dal governo greco e dalla Bei (Banca europea per gli investimenti) per realizzare in tutto il paese parchi eolici, impianti fotovoltaici, impianti a biomassa/biogas e centrali idroelettriche. Una strategia che comprende anche una riqualificazione su larga scala, in chiave di energia pulita, di hotel e strutture turistiche, tra cui sorgenti termali, porticcioli e meeting centre. Il tutto a un anno dall’avvio del mega laboratorio di Tesla in Attica, in cui il gruppo di Elon Musk sta mettendo a punto la nuova alta velocità a energia solare per i treni e a pochi mesi dal varo del progetto europeo per rendere un’isola dell’Egeo la prima nel Mediterraneo alimentata solo da rinnovabili.

Una direttrice di marcia, quella green, stimolata da Berlino in occasione delle numerose visite di Mitsotakis in Germania. La più significativa risale al gennaio scorso quando, non ancora premier, fu l’ospite d’onore del tradizionale seminario della Csu in un castello bavarese. Su questo fronte a giocare un ruolo decisivo potrebbe essere il fatto che in Grecia vi sono moltissime porzioni di territorio inutilizzate, convertibili in parchi solari. E’ di tutta evidenza come i nuovi parchi dovranno affrontare anche il tema della sicurezza energetica, considerata la facilità con cui sono stati attaccati gli impianti sauditi di Aramco. Ma da questo punto di vista la nuova stagione americana in terra di Grecia (con tre nuove basi per droni, fregate e sommergibili) dovrebbe portare anche più certezze nell’affiancamento del ministero della Difesa di Atene.

Accanto all’energia pulita, però, c’è il fronte fossili. Procedono in doppia cifra le concessioni del ministero dell’energia ateniese per l’esplorazione di altre quattro aree, a Creta e nello Ionio, a caccia di idrocarburi. Le ultime sono state assegnate a player mondiali come Total, ExxonMobil e Greek Petroleum a Creta, Repsol-Hellenic Petroleum Consortium nel Golfo di Kyparissia. La Grecia ha attualmente in essere nove concessioni marittime e terrestri e con l’ultima ratifica il totale sarà 13. Questo sviluppo, a lungo termine, migliorerà ulteriormente la sicurezza e la fornitura di energia della Grecia e la sua posizione geostrategica come importante hub energetico per l’Europa, in un momento caratterizzato dall’iperattivismo turco: infatti Ankara ha inviato una terza nave, la Oruts Reis, partita per Cipro con la scorta della Marina turca per operazioni illegali di perforazione all’interno della zona economica esclusiva. Una mossa, quella di Recep Tayyip Erdogan, che ha il preciso scopo di portare scompiglio nel dossier energetico del Mediterraneo orientale e di avanzare pretese persino sugli idrocarburi presenti al largo dell’isola greca di Kastellorizo, che Ankara rivendica.

Il perché di tanto attivismo? Israele ed Egitto hanno da poco siglato un contratto di esportazione di gas per 2 miliardi di dollari, per vendere 2 miliardi di metri cubi estratti dai giacimenti Leviathan e Tamer alla società egiziana privata Dolphinus. Un business sul quale si è cementato il nuovo quadrumvirato energetico mediterraneo composto da Grecia-Cipro-Israele-Egitto con il benestare di Washington, a cui la Turchia guarda come fumo negli occhi.

Infine il fronte gas. Dopo il Tap, che transita su suolo ellenico, Atene può dire la sua anche sul costone balcanico grazie al gasdotto Grecia-Bulgaria che in prospettiva può essere la prima pietra di una nuova stabilizzazione a quelle latitudini. E’ in costruzione il vettore che collegherà i due paesi, con capacità annuale iniziale di tre miliardi di metri cubi. Sarà pronto tra sette mesi e condurrà il gas azero in Bulgaria per una reale diversificazione delle forniture di gas.

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