Scienza

Matematica, ecco come risolvere un problema vecchio di quattro secoli. Nonostante la disperazione

Sono passati 25 anni dalla dimostrazione dell’Ultimo teorema di Fermat. Io però sono un topologo applicato, perché dovrei parlare di un risultato astratto di Teoria dei numeri? Una ragione c’è, ne parlo dopo.

Non ho mai amato (né capito) la Teoria dei numeri, ma questa storia è affascinante. Potete trovare un buon resoconto su molti siti, compresa Wikipedia, e su molti libri, fra cui spicca L’ultimo teorema di Fermat di Simon Singh.

Partiamo da un fatto noto. Conosciamo il Teorema di Pitagora: se un triangolo rettangolo ha cateti di lunghezze x e y e l’ipotenusa è lunga z, allora z² = x² + y². Chi ama i numeri naturali (1, 2, 3 ecc.) si può chiedere: ci sono triangoli rettangoli con lati di lunghezze date da numeri naturali? Cioè: ci sono numeri naturali che soddisfano l’uguaglianza scritta prima? La risposta era nota ben prima del teorema: almeno i numeri x=3, y=4, z=5 la soddisfano. In realtà di tali terne pitagoriche ce ne sono infinite.

Nel 1637 un genio matematico dilettante (di professione magistrato), Pierre de Fermat, stava leggendo un libro del matematico Diofanto dedicato a problemi con soluzioni date da numeri naturali; la lettura gli stimolava molte idee. Si chiese: se nell’uguaglianza del Teorema di Pitagora all’esponente 2 sostituisco un qualsiasi esponente n naturale maggiore di 2, esistono terne di numeri naturali che la soddisfino? Fermat si rispose di no. Sul margine del libro scrisse che non esistono soluzioni naturali all’equazione “z^n = x^n+ y^n” per n>2. E aggiunse: “ne ho trovato una mirabile dimostrazione che l’esiguità di questo margine non conterrebbe”.

Questo era un vizio di Fermat: sullo stesso libro aveva tracciato altri enunciati senza dimostrazione; per secoli i matematici si erano cimentati a dimostrarli o confutarli. Per tutti prima o poi si era trovata una risposta, tranne che per questo: perciò viene chiamato l’Ultimo teorema di Fermat, l’ultimo ad essere dimostrato. Da allora è stato la croce di tanti studiosi; risultati parziali vennero trovati da Eulero, Legendre, Germain.

Una nota da adepto del Cicap: per favore, se fate una seduta spiritica smettete di tormentare Napoleone. Chiamate Fermat e chiedetegli una traccia della sua dimostrazione!

Nel 1993 il matematico inglese Andrew Wiles tiene tre conferenze all’Università di Cambridge, in cui mette insieme ambiti anche lontani dalla Teoria dei numeri: forme modulari, curve ellittiche e rappresentazioni di Galois. C’erano stati studi che mostravano conseguenze della validità o della confutazione dell’Ultimo teorema. Uno, ad opera di G. Frey, l’aveva collegato a proprietà delle curve ellittiche, quindi all’area della geometria algebrica; questo aveva concatenato collegamenti, sviluppati da J-P. Serre e da K. Ribet, con una congettura di Y. Taniyama del 1956 sulle forme modulari.

Bene, durante la terza conferenza il pubblico stupito, fra cui lo stesso Ribet, capisce che Wiles sta dimostrando un caso particolare della Congettura di Tanyiama; Wiles conclude osservando senza enfasi che quel caso è proprio quello che serve per dimostrare l’Ultimo teorema. L’entusiasmo seguito alla conferenza si spegne quando, due mesi dopo, viene trovato un errore nella dimostrazione. Wiles riesce a vincere la disperazione (aveva lavorato in segreto sette anni al Teorema) e proprio il 19 settembre del 1994 tappa la falla. La dimostrazione è ora universalmente riconosciuta valida. Wiles vince il Premio Wolfskehl destinato a chi avesse dimostrato il teorema, poi gli viene anche riconosciuto il Premio Abel.

La dimostrazione è in realtà il lavoro combinato di molti ricercatori e coinvolge diverse aree della matematica. Sicuramente non è quella che aveva in mente Fermat. La soluzione di Wiles non impedisce però a una miriade di dilettanti di cercare ancora dimostrazioni elementari. Per favore: non mandatemele, perché non le leggerò; ho una pagina destinata a questi contributi.

Ma nella mente di molti circola questa domanda: a cosa serve? Per questo ho scritto volentieri questo post: anche se appartengo a un’area lontana e applicativa, ritengo estremamente importante questa ricerca, che serva o no. Non so se ci siano già ricadute pratiche del teorema o dei risultati intermedi che esso ha stimolato. Forse ci saranno, magari fra secoli come è successo ai teoremi alla base delle transazioni sicure su Internet. Ma quello che importa è aver ridotto la nostra ignoranza; l’Umanità è più ricca.

Chi concepisce l’importanza di un record sportivo o di una vetta conquistata, a maggior ragione dovrebbe essere fiero di questo risultato, come lo sono io che non c’entro niente. Personalmente, poi, ammiro questo risultato non tanto per la sua difficoltà, quanto per il suo essere ben inserito nello spettro della conoscenza, benché al suo estremo. Certo, sarei contento se anche i colleghi “puri” riconoscessero la stessa dignità alla loro posizione nello spettro e a quella di noi “applicati”, non solo nelle chiacchiere ma nei fatti.