Economia

Arabia Saudita, produzione di petrolio dimezzata dopo attacchi con droni. Gli Usa accusano l’Iran che ribatte: “Pronti a guerra”

A rischio 5,7 milioni di barili al giorno. I ribelli filo-iraniani hanno colpito con droni gli impianti di Abqaiq e Khurais. Mike Pompeo: "Attacco senza precedenti alle forniture energetiche mondiali mentre Rohani e Zarif fingono di impegnarsi nella diplomazia". E i Pasdaran avvertono: "Le basi americane e le loro portaerei fino a 2000 km intorno all’Iran sono nel raggio dei nostri missili". Gli analisti: "I prezzi del greggio balzeranno, potrebbero arrivare a 100 dollari"

In un colpo solo si azzera il 5% delle forniture mondiali di greggio e sale alle stelle la tensione tra Usa e Iran, con il capo delle forze aeree dei pasdaran iraniani che fa sapere: “Siamo pronti alla guerra”. Tutto è iniziato sabato 14 settembre quando alcuni droni hanno attaccato gli stabilimenti petroliferi di Abqaiq e Khurais, di proprietà della compagnia Saudi Aramco, fra i più grandi del mondo, costringendo l’Arabia Saudita a fermare oltre metà della sua produzione totale di petrolio. Riad ha annunciato che compenserà il taglio della produzione, pari a 5,7 milioni di barili al giorno, attingendo alle riserve strategiche, che in giugno ammontavano a 188 milioni di barili. Operatori ed analisti temono però che il prezzo del petrolio potrebbe salire a 100 dollari se le forniture non saranno ripristinate rapidamente.

Sul piano geopolitico, il segretario di Stato Mike Pompeo non ha perso occasione per accusare Teheran di un “attacco senza precedenti alle forniture energetiche mondiali mentre Rohani e Zarif fingono di impegnarsi nella diplomazia” visto che in occasione della prossima assemblea generale dell’Onu era in calendario un incontro tra il presidente Trump e l’omologo iraniano Hassan Rohani. Le accuse sono state respinte dal ministro degli Esteri iraniano attraverso il portavoce Abbas Mussavi: “Queste accuse ed affermazioni inutili e cieche sono incomprensibili e prive di senso”. Poco dopo sempre via twitter il ministro in persona, Mohammad Javad Zarif, ha rincarato: “Non essendo riusciti con la ‘pressione massima’, il segretario Pompeo passa al ‘massimo inganno’. Gli Usa e i loro clienti sono bloccati in Yemen a causa dell’illusione che la superiorità delle armi porterà alla vittoria militare. Dare la colpa all’Iran non metterà fine al disastro. Può farlo accettare le nostre proposte del 15 aprile per metter fine alle guerra e iniziare i colloqui”. E il generale Amir Ali Hajizadeh, comandante dei Guardiani della rivoluzione, parlando alla televisione iraniana ha avvertito: “Ci siamo sempre preparati per essere pronti a una guerra vera e propria. Tutti dovrebbero sapere che le basi americane e le loro portaerei fino ad una distanza di 2000 km intorno all’Iran sono nel raggio dei nostri missili”.

Intanto il portavoce dei ribelli Houthi, in un messaggio trasmesso dal canale satellitare Houthi Al-Masirah, ha minacciato altri attacchi simili in futuro se le forze saudite continueranno il loro intervento militare in Yemen, dove Riad è impegnata nei bombardamenti contro le milizie filo-iraniane e a sostegno del governo internazionalmente riconosciuto del presidente Abd Rabbo Mansur Hadi.

I siti colpiti sono strategici: il giacimento Khurais è fra i più grandi nel Paese, con una capacità produttiva di 1,45 milioni di barili al giorno, mentre Abqaiq è l’impianto di stabilizzazione del greggio più grande del mondo, dove vengono rimosse le impurità solforose dal petrolio appena estratto e viene eseguita la trasformazione in greggio dolce prima del trasferimento nelle raffinerie dove sarà trattato ulteriormente. Secondo Il Sole 24 Ore lì vengono pretrattati i due terzi del greggio saudita da destinare all’esportazione. L’attacco peraltro è arrivato proprio mentre Saudi Aramco stava concludendo le pratiche per la quotazione in Borsa.

Gli addetti ai lavori hanno già cominciato a valutare le possibili ripercussioni sui prezzi del greggio:”Abqaiq è il cuore del sistema e ha appena avuto un infarto”, spiega al Wall Street Journal Roger Diwan, consulente petrolifero per Ihs Markit, sottolineando che è ancora impossibile prevedere le conseguenze esatte del raid. Gli fa eco dalle pagine del Guardian Robert McNally, del Gruppo per l’energia Rapidan: “E’ forse uno sei siti più importanti del mondo per l’approvvigionamento di petrolio. I prezzi del greggio balzeranno dopo l’attacco. Se il blocco della produzione è esteso, sarà probabile che si ricorrerà al rilascio di riserve petrolifere strategiche da parte dei paesi dell’Agenzia internazionale per l’energia In ogni caso, il rischio di una escalation di rappresaglie, che porterà a un ulteriore aumento dei prezzi del petrolio, è aumentato in modo significativo”. Per ora la International Energy Agency si limita a far sapere che “segue con attenzione l’evolversi della situazione” ed è “in contatto con le autorità saudite, così come con i principali produttori e consumatori. Per il momento, i mercati sono ben riforniti”. Da Washington, il dipartimento dell’energia ha reso noto che gli Stati Uniti sono “pronti a impiegare risorse delle riserve petrolifere strategiche (all’incirca 630 milioni di barili, ndr) se necessario, per compensare qualsiasi interruzione dei mercati petroliferi”.