Società

“Per lavorare in Italia puntiamo su una paninoteca e non sulla laurea. Vogliamo creare un posto dove tutti si sentano a casa”

Daniele si è specializzato in Storia, Tommaso è andato all'estero. Giuseppe ha fatto carriera nelle cucine del Regno Unito anche se era laureato in giurisprudenza, come Michele. Eppure hanno deciso di tornare a Bologna, dove nessuno di loro è nato, per aprire la loro attività. "Forse all'inizio non faremo fortuna, ma se avessimo scelto di fare gli avvocati, probabilmente sarebbe andata allo stesso modo”

“Perché aprire una panineria in Italia adesso? E allora perché puntare su carriera accademica nel nostro paese?”. Daniele, Giuseppe, Michele e Tommaso potevano scegliere di continuare il percorso che avevano iniziato: scuola, laurea, tirocinio, lavoro all’estero. Invece hanno deciso di investire tempo ed energie in una paninoteca, in Italia. Si sono conosciuti a Bologna negli anni dall’università, da fuorisede. Poi ognuno ha preso la sua strada: Daniele si è specializzato in Storia, Tommaso è andato all’estero, Michele e Giuseppe, freschi di alloro in Giurisprudenza, anziché fare un master o il praticantato da avvocati si sono buttati nel mondo della ristorazione. Michele ha preso in gestione il bar in cui lavorava per pagarsi gli studi, Giuseppe ha fatto carriera nelle cucine del Regno Unito.

“Quello che mi ha spinto a puntare sulla paninoteca anziché sulla mia laurea – spiega Giuseppe Leocata, 28 anni, siciliano – è stato soprattutto il rifiuto per la gavetta, un percorso inevitabile per chi sceglie di studiare giurisprudenza in Italia, e la voglia di mettermi in gioco in qualcosa che dipenderà solo da me”. Ma l’occhio per i diritti e l’esperienza nelle cucine internazionali ha inciso sulla loro idea di paninoteca, come spiega bene Michele Lauriola, coetaneo, pugliese: “Nel nostro piccolo cerchiamo di dare un contributo all’integrazione. Come ho già fatto in passato, vorrei dare lavoro ai richiedenti asilo e a creare un locale in cui tutti si sentano a casa. Vorrei che la nostra Mooddìca (che in siciliano è la mollica del pane) diventasse un simbolo più forte, valorizzando anche la sua posizione, in una zona particolarmente viva di Bologna”. Che è la città dove nessuno di loro è nato ma dove tutti hanno deciso di restare e costruire qualcosa.

“Cercavamo un progetto che dopo anni all’estero ci riportasse a casa, e l’abbiamo trovato”, dicono. “Per noi – spiega Tommaso Di Filippo, 24 anni – è l’occasione per dare sfogo alla nostra intraprendenza. Siamo giovani e abbiamo voglia di fare e di dare, ma anche per portare una piccola parte di Sud in una città distante e abitata da persone pugliesi nostalgiche di prodotti originali”. Essendo per metà expat, la loro scommessa è prima di tutto sul nostro Paese, poi sull’alimentazione, infine sulle persone.

“Mi piacerebbe – racconta Giuseppe – rieducare le persone al cibo. E vorrei riuscirci non seguendo le nuove tendenze ma spiegando che la moda dell’healthy food in Italia fa già parte della nostra tradizione. Dalle panelle al lampredotto passando per il più classico panino con la frittata: abbiamo ottimi condimenti vegan ma li abbiamo dimenticati”. A modo loro, ciascuno dei quattro soci ha messo ideologia ed esperienza nella paninoteca in modo che l’attività non fosse solo imprenditoriale ma avesse un impatto sul territorio. Daniele Garofalo, 27 anni, ci ha messo anche la sensibilità: “Siamo una vera e propria famiglia. Sentiamo che condividere ha senso, mentre fare impresa pensando soltanto a se stessi e al proprio profitto no”, dice.

Nella pratica, l’amore per il territorio si traduce nell’uso esclusivo di materiali biocompostabili e plastica quasi ridotta a zero, poi prodotti tipici da tutta Italia e ortaggi di stagione a chilometro zero, raccolti nei campi aperti dai contadini bolognesi. La loro filosofia gastronomica è che ogni panino debba armonizzarsi con lo stato d’animo di ciascuno, con il suo mood, per questo muddìca è diventato Mooddìca: “Vogliamo scommettere sul nostro Paese con una panineria che risvegli la tradizione italiana e ci faccia ricordare che mangiare sano fa parte della nostra cultura. Forse all’inizio non faremo fortuna, ma se avessimo scelto di fare gli avvocati, probabilmente sarebbe andata allo stesso modo”.