Politica

25 luglio (o agosto?): ‘Sua Maestà ha accettato le dimissioni del cavalier…’

“E venne allora er granne guazzabuglio
che fu chiamato er venticinque luglio…”

La guerra andava male, il duce s’era fissato col bagnasciuga e persino l’alleato cominciava ad avere i guai suoi. Onde per cui i gerarchi più intelligenti cominciarono a guardarsi fra di loro e decisero che loro, per i begli occhi di Benito, non avevano alcuna voglia di andarsene a quel paese.

Si fece il Gran consiglio del Fascismo e il duce finì in minoranza (Grandi, Bottai e Peppegrillo furono fra i più accaniti). Sua Maestà il re (che aveva ingoiato senza batter ciglio guerre, invasioni e leggi razziali) accettò il giorno dopo le “spontanee” dimissioni del cavalier Benito Mussolini e nominò al suo posto il general Pietro Badoglio. Il quale, fra i gerarchi fascisti, era fra i più gentiluomini e anche fra i più traffichini: aveva conquistato l’Etiopia a suon d’iprite ed era stato premiato col titolo di marchese, con vaste proprietà d’ogni genere e dieci milioni di euri (pardon, di lire) in contanti.

“La guerra contro inglesi, americani, sovversivi e negri continua!” proclamò immediatamente il novello marchese.

Non furono d’accordo i partigiani, gli operai delle fabbriche e qualcun altro; ma questa è un’altra faccenda. Finì col duce appeso (scappando travestito da cosacco di Putin) e col popolo italiano compattamente e massicciamente antifascista dal giorno dopo. Non si trovava un fascista manco a pagarlo a peso d’oro, nessuno mai aveva avuto a che fare con Mussolini, specialmente i gerarchi, ribellati al momento opportuno: mai avuto una lira, mai coinvolti in niente, per tutti e venti gli anni del regime.
Il re regnò (ma poi comunisti e cattolici lo mandarono via, al momento giusto), i gerarchi si riciclarono, Badoglio morì ricchissimo e di morte naturale, la brava gente continuò come sempre a inchinarsi ai governi e gli operai ricostruirono maceria per maceria l’Italia.

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Tutto questo è successo, succede ancora (un mese di differenza: dal venticinque luglio al venti agosto) e ancora succederà finché ci saranno gl’italiani. Qualche nome è cambiato, le bombe non rompono più, grazie a Dio, le case ma l’economia e il duce, speriamo, stavolta verrà fucilato a pernacchie e non a fucilate.
Vabbe’: ingoiamoci ‘sto Badoglio, visto che l’intrallazzo è questo, ma diamoci da fare. Ché la repubblica anche stavolta – se ne siamo capaci – tocca farla a noi.