Cultura

‘Tutelare i librai o i lettori?’ Io credo che si dovrebbe favorire la lettura

di Michela Sfondrini*

“La priorità della politica deve essere tutelare i lettori o i librai?” si è domandato, retoricamente, Stefano Feltri. La priorità, innanzitutto, dovrebbe essere favorire la lettura, con azioni ben diverse da quelle messe in campo finora, visti i risultati che tutte le statistiche ci raccontano. Tutelare i lettori, o almeno cercare di impedire che si estinguano come i panda, e anche tutelare i librari che rimangono, quando sanno fare il loro mestiere, uno dei baluardi a sostegno del libro e della lettura e i migliori alleati dei lettori.

Sono di parte, sono libraia da ormai 20 anni e mi sento ferita leggendo che “le 400 (ma sono oltre 2mila, in realtà) librerie indipendenti che hanno chiuso i battenti negli ultimi cinque anni non offrivano evidentemente alcun servizio che rendesse l’acquisto un’esperienza diversa dall’infilare un libro nel carrello del supermercato o fare un clic su un sito”. Mi sorge quasi il dubbio che il dottor Feltri non sia un grande frequentatore di librerie e di librai e che conosca meno di quanto avrei dato per scontato il mercato italiano del libro.

Mercato che ha delle peculiarità non indifferenti e che tutti ha favorito, finora, tranne i librari indipendenti e le piccole librerie: concentrazioni abnormi sul fronte degli editori, saldature perfette tra chi edita, chi distribuisce e chi vende, ossia non semplici solide alleanze ma identica proprietà all’interno della filiera del libro, il prezzo solo apparentemente imposto e uguale per tutti, in realtà oscillante e a tutto vantaggio delle librerie di catena, dei supermercati o della vendita on line.

Il risultato? Il numero di lettori in Italia è in costante diminuzione (tranne che per ciò che riguarda i bambini e i giovanissimi), il costo dei libri lievita, le condizioni generali talmente penalizzanti – ma tutti dichiarano che le librerie indipendenti dovrebbero essere quasi patrimonio nazionale – da renderne la sopravvivenza quasi un’impresa impossibile. Eppure ci si prova, a far sopravvivere le librerie, con mille e più iniziative diverse – i gruppi di lettura, le presentazioni di libri, le letture a voce alta, le collaborazioni con il mondo della scuola, le recensioni costanti e approfondite, i laboratori didattici, tutta roba che in un supermercato non mi pare di avere mai visto – e che hanno l’obiettivo di valorizzare il libro, la lettura e quella che in gergo si chiama “bibliodiversità”, veicolando l’idea che un libro è, in ogni momento della vita, un ottimo compagno di viaggio.

Dottor Feltri, non credo che la nuova legge sul libro salverà la mia libreria, ma sono convinta contribuirà affinché io possa giocare la mia partita per la sua sopravvivenza ad armi pari, senza partenza a handicap e che, soprattutto, essa non rappresenti alcuna penalizzazione del lettore, che rimarrà libero di scegliere dove acquistare ciò che desidera a un prezzo più ragionevole di quelli attuali – che, come lei ha scritto, sempre più spesso incorpora già in partenza lo sconto che qualcuno può permettersi di praticare (e pratica senza sosta) e qualcun altro no.

Altro poi sarebbe poterci confrontare, ma qui il discorso diventerebbe particolarmente lungo, su quanto il nostro tempo sia (ancora) compatibile con il tempo della lettura che richiede una dimensione di solitudine e di lentezza, un tra sé e sé, una disponibilità al silenzio e all’attenzione che, forse, oggi sono merce rara in mondo sempre più chiassoso, irrimediabilmente social e veloce.

*Libreria Sommaruga, Lodi