Capitoli

  1. Andrés Escobar, 25 anni fa l’autogol che fece scoprire al mondo i legami tra il calcio colombiano e i cartelli della droga
  2. I due Escobar
  3. Un incubo Mondiale
  4. Sei colpi
Calcio

Un incubo Mondiale - 3/4

I Cafeteros che si presentano a Usa ’94 sono una Nazionale imbottita di talento. Sul campo finisce malissimo, con l'autorete del difensore che sancisce l'eliminazione al primo turno; fuori va anche peggio: l'altro Escobar viene ucciso all'esterno di una discoteca dai sicari dei narcos, che hanno perso milioni a causa del flop colombiano al torneo iridato

In questo clima di attesa e terrore, i Cafeteros sbarcano in California per la fase a gironi del torneo. L’esordio è previsto per il 18 giugno al Rose Bowl di Pasadena e come avversario li aspetta la modesta Romania. Sulla carta tutto facile insomma, ma la sfida si rivela una vera e propria mattanza. Andres e compagni vengono travolti dalla doppietta di Florian Raducioiu e da un tifone di nome Georghe Hagi, che punisce i sudamericani con un pallonetto mancino da distanza siderale. Al triplice fischio, il risultato è infamante: 3 a 1 per gli sfavoritissimi rumeni. Schedine da stracciare e l’inferno che si scatena a Bogotà.

Il centrocampista Gabriel Goméz è additato come assoluto colpevole della disfatta e il Paese chiede la sua testa. I giornali in senso metaforico, i narcos letterale, arrivando a minacciare di morte il ct Maturana e il calciatore, che preferisce farsi da parte e chiudere anzitempo il suo Mondiale. Intanto i giocatori in albergo vengono perseguitati da chiamate, lettere e messaggi che non fanno altro che aggiungere pressione a una Nazionale già frastornata dall’inattesa sconfitta. Il popolo (e i Cartelli) vogliono una vittoria, niente scuse. A poche ore dal secondo, decisivo match contro gli Usa il clima è tesissimo, la squadra non ha dormito, l’allenatore arriva in lacrime allo stadio e negli spogliatoi si fatica persino a respirare. La Colombia scende così in campo paralizzata dalla paura. Quella statunitense è una Nazionale quasi improvvisata e più che calciatori sembra schierare rockstar come il rosso Alexi Lalas. Eppure, ancora una volta, i Cafeteros faticano. Attaccano la porta avversaria da ogni lato, ma non riescono mai a sfondare. E al 34esimo, il dramma.

Un cross svirgolato del mediano statunitense John Harkes prende in controtempo la retroguardia colombiana. Escobar è sorpreso e in leggero ritardo, teme l’inserimento di un avversario. È un attimo: si lancia in scivolata, la palla gli rimbalza sul piede destro e schizza in rete. Autogol. In quel momento, a cinquemila chilometri di distanza il nipotino di Andres sta guardando la partita in televisione e scoppia a piangere: “Mamma, ora lo ammazzeranno”.

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