Televisione

Mauro Corona: “Per me CartaBianca finisce qui. Perché non mi faccio mettere i piedi in testa: uno che ha mangiato escrementi per sopravvivere non ha paura, capito?”

Lo scrittore/alpinista/scultore si è raccontato in una lunga intervista a FQMagazine, a cominciare dalla sua partecipazione al programma di RaiTre: "Ogni mia richiesta, ogni mia tentata visibilità ai temi della mia montagna che sta morendo, è stata elusa con una risata. Io mi sono rotto anche le palle di parlare di questi migranti in tutte le puntate. Ho già detto tutto quello che dovevo dire: aprite i porti, vergognatevi di chiuderli, accoglieteli. Ma ora non c'è altro da aggiungere: ci si ripete, ci si ripete..."

Pronto? Sono sulle Dolomiti, a faticare”. Comincia così, dalle sue amate montagne, la chiacchierata con Mauro Corona. Lo scrittore/alpinista/scultore da qualche tempo è anche un volto televisivo. “Ma non mi definisca una star televisiva, la prego”, precisa lui. Eppure il suo impegno stagionale, ogni martedì sera a CartaBianca, su Rai3, l’ha reso un personaggio televisivo a tutti gli effetti. “Sono semplicemente un povero diavolo che ha combattuto la vita e che è capitato lì per vanità. Ma, se vuole saperlo, non vedo l’ora che finisca. Non credo di perseverare in futuro. Credevo che la Rai, o comunque la televisione in generale, fosse l’osteria buona dell’Italia dove si potessero dire le cose con libertà… invece scopro che bisogna essere molto politicamente corretti. Siccome io il collare non lo voglio, credo che l’esperienza si concluda qui. Ci sono ancora le ultime due puntate della stagione, poi basta”, assicura l’uomo con all’attivo oltre 300 vie di scalata nelle Dolomiti d’oltrepiave.

Corona, c’è qualcosa che l’ha infastidita?
“Penso che la mia sparata con una birra in mano sia meno grave di coloro che hanno detto che Falcone e Borsellino se lo sono cercata. Ho portato una birra per un amico che compiva gli anni dopo che la signora Mara Venier ha bevuto un bicchiere di vino da Fazio: allora perché non può farlo anche Corona? Ma sa, le polemiche mi scivolano addosso come acqua tiepida. Mi dispiace invece che sia passata sottogamba tutta la storia infame e vergognosa della soppressione del corpo forestale dello Stato. Ecco, io martedì ho chiesto alla Berlinguer di concedermi una domanda a Zingaretti e lei si è incazzata. Ma io i piedi in testa non me li faccio mettere da nessuno. Quando uno ha mangiato escrementi per sopravvivere poi non ha più paura di nessuno, chiaro?”.

Ha mai ricevuto pressioni in Rai?
“Questo mai. Ma le sembro uno che riceve pressioni io? Ora le spiego com’è nata la storia di CartaBianca”.

Racconti.
“Mi hanno chiamato a inizio stagione per una puntata e hanno visto che funzionavo. Poi hanno provato una seconda volta, una terza, e funzionavo ancora. Sa perché? Perché i pagliacci che dicono la verità piacciono e fanno ascolto. In questa Italiota mediocre, calciofila e ferrarista, uno che finalmente si esprime come in osteria ma con educazione – finché non viene provocato – fa ascolti. Così mi hanno proposto di fare tutto l’anno con loro: ho accettato per vanità, ma anche con la speranza di poter parlare della montagna ferita, della montagna che non ha lavoro, dei paesi che muoiono, dei problemi che ci sono quassù. Lì avrei voluto toccare qualche nervo scoperto, avrei voluto parlare di questi temi. Mica esistono solo Cortina e Courmayeur”.

Non le hanno dato questa possibilità?
“Ogni mia richiesta, ogni mia tentata visibilità ai temi della mia montagna che sta morendo, è stata elusa con una risata. Io mi sono rotto anche le palle di parlare di questi migranti in tutte le puntate. Ho già detto tutto quello che dovevo dire: aprite i porti, vergognatevi di chiuderli, accoglieteli. Ma ora non c’è altro da aggiungere: ci si ripete, ci si ripete… io voglio soltanto parlare dei temi che mi stanno a cuore. Accetterei di fare di nuovo Carta Bianca solo se mi venisse data la possibilità – per iscritto – di poter parlare della terra estrema, dove si fa fatica ad arrivare a fine mese, dove i problemi sono all’ordine del giorno. Non tollero che mi si chiuda la bocca”.

C’è chi dice che il suo rapporto televisivo con Bianca Berlinguer sia caratterizzato da dialoghi surreali e stabiliti a tavolino come in una sit-com.
“Le baruffe che ho fatto lì sono state tutte autentiche, lo garantisco. A volte sono caduto in intemperanze e reazioni, che definirei naturali, soltanto perché non sopporto chi interrompe o chi parla sopra all’altro senza consentirgli di finire un discorso. Ma io non studio nulla a tavolino. Sa perché sono convinti del contrario? Perché vogliono affondare la lancia contro la Berlinguer. Non lo fanno soltanto i suoi avversari politici ma anche gli stessi della sua corrente. Vogliono danneggiarla e si attaccano a tutto. Questa è l’Italietta mediocre delle piccole vendette, dell’odio, della mancanza di larghe vedute. E’ l’Italietta da massaia che si sviluppa anche nei mezzi di comunicazione, purtroppo”.

Ma lei e la Berlinguer siete amici? Qual è il vostro rapporto a telecamere spente?
“Guardi, con la Berlinguer mi sarò sentito due volte al telefono. La terza volta, questo inverno, abbiamo litigato. Forse mi aveva detto di essere più attento e di essere meno irruento, non ricordo con precisione. Fatto sta che a me non si dice cosa devo o non devo fare. Dopo quella baruffa lì, non l’ho più sentita”.

Salvini ha detto: “A Erto, nel paese di Mauro Corona, la Lega arriva al 55,3%, quindi conto di festeggiare con un bicchiere di rosso dall’amica Bianca Berlinguer il prima possibile…”.
“Guardi che io, non essendo un ruffiano, mi sento spesso con Salvini tramite messaggini. Non dicono tutte le settimane, ma quasi. Se riesce a fare quello che ha promesso a me sta anche bene. A guidare l’Italia non è mica una squadra di calcio a cui bisogna fare il tifo: se uno fa qualcosa di buono a me sta bene”.

Ma la televisione aiuta a vendere i libri?
“Una volta, sì. Quando andavi da Fazio vendevi molto. Oggi la televisione non aiuta più, ma aiutano i premi, come lo Strega, che guarda caso sono pilotati dalle case editrici. Lo sanno ben tutti. Il mio libro Nel Muro, che è tra l’altro un racconto terrificante sulla violenza sulle donne ed è di un’attualità sconcertante nonostante sia ambientato nel secolo scorso, non è stato messo allo Strega. Questi soloni dicono di leggere 170 libro in tre giorni per tirare fuori 12 finalisti, ma a chi la danno a bere? Ma manco nelle loro vite hanno letto 170 libri. Mi sento in trappola e con me qualche milione di italiani. Il potere decide tutto: che sia di destra o di sinistra, che siano le banche, i finanzieri o le case editrice. Siamo in balia”.

L’imitazione di Crozza l’ha mai offesa?
“Guardi, io sono uno che non ride quasi mai, eppure con Crozza mi faccio di quelle risate. Quell’imitazione è grandiosa. Grandiosa. C’è chi mi ha detto: “Perché non lo denunci?”. Ma perché dovrei denunciare Crozza? Mi ha fatto una pubblicità strepitosa. Ci sono persone che pagherebbero per essere imitati…. Anzi, le dirò di più, quando non mi imita sono quasi avvilito. Non so quando, ma prima o poi faremo una gag insieme”.

Quale sarà il suo rapporto con la televisione in futuro?
“Ho provato a combattere la mia battaglia televisiva, ora basta. Altro che muro di gomma, il muro di gomma almeno ti respinge, sano e salvo. Questo è un muro che ti inghiotte e ti frantuma. Penso che la mia faccia abbia invaso anche troppo le cucine degli italiani. Ho quasi 69 anni e non ho voglia di perdere tempo. Quello che mi resta da vivere voglio passarlo sulle mie montagne a fare scalate, leggere libri e a volte scriverne qualcuno”.