Scienza

Salvini, ‘migranti malati di tubercolosi e scabbia’. Cosa c’è di falso e di vero

La scabbia, la tubercolosi (TB) possono farci veramente paura, oggi nel XXI secolo? Qualcuno grida: “dagli all’untore!” come scriveva con celata ironia nei primi decenni dell’ottocento, Don Lisander, nel rievocare un’epoca lontana e tramontata definitivamente anche per lui. Può fare paura la scabbia allora? E corro il rischio di contrarla al giorno d’oggi, io cittadino della Repubblica italiana? E la TB, è veramente uno spauracchio, o solamente una malattia che se riconosciuta e isolata posso curare e debellare e soprattutto è così difficile evitare di essere contagiati? Ma per la scabbia direi, continuando a citare (saccheggiare) la grande letteratura: “So much ado for nothing”.

La trasmissione avviene per stretto contatto diretto, sufficientemente prolungato ed efficace, della cute del ricevente con quella dei malati o con l’uso di effetti letterecci. Il contatto per essere efficiente deve consistere appunto di particolari condizioni di contiguità e adesione tra le superfici cutanee: nei rapporti sessuali, nell’allattamento dei bambini, nel dormire in camerate in condizioni di precaria igiene ecc. Al giorno d’oggi è un problema sanitario solo nelle RSA per anziani, nelle carceri, anche asili o scuole in alcuni casi e naturalmente nelle concentrazioni di reclute.

Una categoria a forte rischio di contrarla in forma grave, tale da mettere a repentaglio l’esistenza, è quella degli ammalati di Aids: la cosiddetta scabbia norvegese o iper disseminata. Le odierne terapie combinate per l’Hiv hanno però pressoché azzerato questi casi, che sono diventati veramente eccezionali. Il trattamento prevede l’uso per due-tre giorni di creme basate su sostanze anti parassitarie come permetrina, benzoato di benzile, malathion. In alcuni casi si può somministrare anche ivernectina per os. Comunque la notificazione tempestiva e l’intervento delle autorità sanitarie preposte ha sempre consentito di circoscrivere agevolmente i focolai e sottoporre ad adeguate cure i casi. Questo è sempre avvenuto anche nell’eventualità di persone affette da scabbia provenienti da sbarchi. Non è un problema emergente di carattere sanitario la scabbia. Malattia facilmente riconoscibile e prontamente curabile.

Non c’è dubbio, non lo si può negare, invece che la TB costituisce un problema sanitario di primaria importanza per la popolazione immigrata, soprattutto se incontrollata; è un grande problema che riveste un pubblico interesse per il nostro paese come per altri a bassa incidenza. La tendenza crescente dei casi, la gravità della malattia spesso associata all’infezione da Hiv e soprattutto la crescente resistenza ai farmaci, le fa assumere connotazioni drammatiche. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che la tubercolosi è principalmente una malattia sociale, che colpisce ingiustamente soprattutto i poveri. In realtà i fattori legati alla povertà di pari passo con il peggioramento delle condizioni di vita e del conseguente stato nutrizionale aumentano le probabilità di infezione e anche la successiva progressione verso la malattia attiva.

L’attuale situazione epidemiologica della tubercolosi in Italia è caratterizzata comunque da una bassa incidenza nella popolazione generale, e i casi sono per lo più concentrati in alcuni gruppi a rischio. Dal 2004 al 2014, sono stati notificati circa 4300 casi/anno di TB; il 52% si sono verificati in soggetti stranieri con un aumento su base fissa, parallelamente all’aumento del numero di immigrati in Italia, nella percentuale dei casi segnalati fra “cittadini non italiani”. Per cui si è passati dal 44% nel 2005 a 66% nel 2014. La presenza di immigrati da zone altamente endemiche è considerato da molti autori il co-fattore più importante, insieme con l’infezione da Hiv, del recente rinfocolarsi della tubercolosi segnalato in Italia

Il miglioramento delle condizioni di vita e la libera offerta a chiunque ne sia affetto di farmaci specifici e di cure di buon livello ridurrebbero certamente l’incidenza di TB e azzererebbero ancor di più un rischio che per il cittadino è comunque pressoché zero. È pertanto un problema di organizzazione sanitaria appropriata, capace di erogare un servizio di pronta sorveglianza e isolamento dei casi, nel contesto di un’efficiente accoglienza degli immigrati. Si tratta di consentire un facile e immediato accesso, non solo alle cure specifiche, ma anche ad un’assistenza completa e sicura, fino alla sterilizzazione dei casi e dei focolai eventuali.

Del resto uno degli obbiettivi dell’OMS-WHO è proprio quello di agire attivamente anche sui determinanti della salute, la povertà in primo luogo, e in senso lato la protezione sociale per ridurre il carico finanziario e umano che comporta la diffusione dei casi di TB e/o altre temibili malattie.