Società

Una storia vera

Julio ha occhi grandi neri e trent’anni. Sette fratelli e una madre. Il padre è morto e loro sono tanti. Bisogna mangiare e i soldi non ci sono.
Julio ha degli amici, peruviani come lui, che sono già in Italia. Gli raccontano che lì può trovare lavoro come badante.
Allora parte. Arriva a Milano, in periferia, a casa di una parente che si è sposata con un italiano. Gli prestano un posto letto, il divano, i primi tempi puoi stare qui.
Non è vero. Dopo tre giorni lo cacciano di casa. Il marito e la suocera insinuano il sospetto che Julio possa fare chissà cosa con lei. Che lei lo stia tradendo col suo parente arrivato da un paesino del Perù per trovare lavoro e mandare soldi a casa.
Una follia infamante e bugiarda che lo sbatte su una strada.
Lei è in lacrime perché si sente in colpa ma non può farci niente, lui deve andarsene.
Gli consiglia qualche amico peruviano a Milano, questi sì che possono ospitarti.

***

Entra in casa di una coppia che ha un bambino piccolo. Un giorno litigano e dimenticano la carrozzina col bambino proprio in mezzo alla strada. La polizia è lì vicino, li vede in lontananza. Julio non ha i documenti, è terrorizzato che possano trovarlo e rispedirlo da dove è venuto. Senza dire nulla prende quella carrozzina e la allontana dal pericolo, sperando di stare lontano dai guai.
La prima cosa da fare è andarsene anche da lì. A quel punto è meglio la strada.
A pranzo e a cena va alle mense dei francescani, dove non sono tutti mansueti in attesa di un pasto caldo. Dove c’è anche chi strattona e prevarica. Non ha più nessun divano dove dormire, passa le notti al parco.
Ha momenti di disperazione.
Di grande solitudine.
Deve continuare, in qualche modo, a rimanere un’ombra.
Non avere un letto è sfiancante, durissima.
Non può parlare del suo dolore ai parenti a casa, soffrirebbero troppo. La madre, poi. Meglio mandare giù, guardare avanti, sperare che succeda qualcosa. Ma i documenti non ce li ha e da fuori – con la sua dignità, la sua eleganza, la sua gentilezza – non lo diresti mai.

***

In quei luoghi di persone in fila per un pasto incontra chi gli dice che una famiglia sta cercando un badante. Può essere una possibilità.
Li contatta, li raggiunge a casa per il colloquio.
L’incarico è di assistere una persona che è rimasta paralizzata dopo un incidente. Una situazione a cui la famiglia ha fatto fronte da sola per tanti anni, ma adesso è troppo. Non ci sono più energie. Fisiche, morali. E quella famiglia la vita l’ha già presa a ceffoni. Sono in tre a fargli il colloquio, la moglie e i fratelli dell’assistito.
Parlano, lui gli spiega che ha esperienza. A Julio il contatto umano piace, si sente portato, sa che gli riesce bene. È paziente, comprensivo.
A quel punto, la verità gliela diranno anni dopo: quando lui finito il colloquio chiede di andare in bagno, loro si consultano. Ma come facciamo a farlo andare via questo ragazzo? Scelgono lui.
Per quella famiglia sarà un figlio per sempre, e lo è anche oggi. Il figlio che non c’è più, quello che ci sarebbe potuto essere.

***

Una notte Julio torna a casa, nella sua stanza. Si addormenta, e si sveglia all’improvviso. Oltre la porta a vetri che lo separa dall’ingresso vede una luce intensa, strana, forte. La casa sta andando a fuoco. Il suo coinquilino, straniero anche lui, ha bevuto, si è addormentato e ha lasciato il fornello acceso. Fiamme dappertutto.
Allora Julio chiama la polizia, i pompieri arrivano subito. Scende in strada solo con le infradito e il cellulare, non fa in tempo a prendere nient’altro. I vicini che urlano: stranieri di merda.
Quando gli agenti chiedono chi abbia fatto la segnalazione lui si nasconde, ha paura che lo rimandino a casa, non ha i documenti e il passaporto è scaduto. Poi si fa avanti, sono stato io a chiamare. Il poliziotto lo vede, lo guarda dentro e capisce. Tranquillo, non dico niente.
La famiglia dove lavorava – e lui non lo sapeva – ha visto tutta la scena. Lo avevano subito raggiunto, erano lì ad aspettare che lo lasciassero andare, altrimenti lo avrebbero difeso loro.
Stasera poteva succedere un disastro. È stato un miracolo che mi sono svegliato, potevo continuare a dormire. Morire soffocato. Poteva esplodere la palazzina con tutti dentro. I bambini.

***

A Julio i documenti li ha fatti una signora di 80 anni. Assisteva suo marito. Ha affrontato da sola tutta la burocrazia, gli uffici, le file, i cavilli. Gli ha fatto un finto contratto da colf. Poi arriva la sanatoria e quei fogli cancellano la vergogna della clandestinità. Non deve più nascondersi.
Testa bassa, lui lavora.
La famiglia italiana di cui è diventato figlio gli dice: Julio, tu sei bravo, hai delle capacità. Non fare questo lavoro, devi studiare.
Allora se trova la carica e l’incoraggiamento per iscriversi al corso da oss, sì, è grazie a loro.
Il passaparola funziona anche questa volta: viene assunto come sacrestano in una parrocchia, cosa che gli permette di lavorare e studiare. Si diploma.

***

Adesso Julio ha un lavoro di assistenza e responsabilità. Ha anche un amore trovato in Italia. Può aiutare sua mamma a comprare quei farmaci così costosi, per il suo cuore, troppo grande. Per la sua famiglia italiana è ancora un figlio. E lui sente di esserlo, perché loro l’hanno aiutato e detto le cose giuste al momento giusto.

***

E a volte ricorda gli indigeni del suo paese, quelli che si facevano dirigere dalle stelle che capivano meglio di chi le aveva studiate. Quelli che nelle piante e nelle stagioni riconoscevano il senso dell’esistenza. Quelli che le zanzare pungevano tutti ma non loro, anche se erano nudi. Quello che è diventato viene anche da lì. E adesso sa di avercela fatta.