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Ferrovie, nel piano al 2023 investimenti per 58 miliardi: “Spinta al pil di 0,7-0,9% l’anno”. Nessun riferimento ad Alitalia

Previsti soldi per l'infrastruttura, per i treni (ma solo 6 miliardi al trasporto locale) e per 15mila assunzioni, che arrivano a 120mila con l'indotto. Ma non si cita mai la compagnia di cui Fs dovrebbe diventare socio con il 15%, facendo da capofila a un'operazione di salvataggio che stenta a decollare. Alla presentazione anche il premier Conte

Le Ferrovie dello Stato promettono 58 miliardi di investimenti. Nel piano industriale 2019-2023, presentato a Roma davanti al premier Giuseppe Conte, ci sono soldi per l’infrastruttura, per i treni e per 15mila assunzioni. Ma non per Alitalia. Eppure le Ferrovie sono capofila di un’operazione di salvataggio che stenta a decollare. Hanno promesso di diventare soci della nuova Alitalia con una quota del 15 per cento. Ciò significa che se il salvataggio costerà un miliardo, le Ferrovie dovranno sborsare circa 150 milioni, una cifra tutto sommato non eccessivamente elevata. Ma il problema è che il bilancio della compagnia richiederà risorse aggiuntive. Per questo le Ferrovie rischiano che l’intera operazione finisca col trasformarsi in un pozzo senza fondo da finanziare anche a suon di aumenti dei biglietti.

Di tutto questo si discuterà però dopo le elezioni europee visto che Fs ha chiesto e ottenuto un rinvio al 15 giugno della scadenza per la formulazione di un’offerta definitiva per Alitalia. Ora a tenere banco è il piano industriale delle Ferrovie che, secondo l’amministratore delegato delle Ferrovie, Gianfranco Battisti, non avrà problemi ad assorbire l’operazione Alitalia “nel piano che – nel caso – verrà adattato”. A dominare la presentazione di Battisti è stato il corposo piano di investimenti che riguardano principalmente le infrastrutture con un impegno contenuto sul trasporto locale (6 miliardi in cinque anni). Nel dettaglio, nel quinquennio del piano, le Ferrovie destineranno 42 miliardi ad opere ferroviarie e 14 alle strade, 12 miliardi (di cui l’88% con risorse di gruppo) a nuovi treni e bus, 2 miliardi alle metropolitane e una somma analoga ai servizi IT (information technology).

Un piano industriale “ambizioso” come ha puntualizzato il premier Conte che ha evidenziato come il progetto “condivide in pieno le ambizioni del governo e mostra una chiara sensibilità per il tema della sostenibilità”. E naturalmente della crescita economica. Secondo Battisti, lo sforzo di investimenti immaginato dalle Ferrovie potrà contribuire alla crescita dell’Italia con la creazione di un indotto per 120mila posti di lavoro e un contributo annuo all’aumento del Pil fra lo 0,7 e lo 0,9 per cento. Inoltre, “andiamo a sbloccare 1.600 cantieri nei prossimi due anni tra Anas e Rfi con risorse aggiuntive per 4 miliardi”, ha spiegato il manager ricordando che nell’arco temporale del piano 16 miliardi sono destinati al Sud. La conferenza è stata poi l’occasione per chiarire altri due punti rilevanti. Il primo relativo all’Anas per la quale Battisti ha escluso l’esistenza di un progetto per riportarla sotto il cappello del Tesoro. Al contrario, secondo il manager, c’è un impegno per lavorare in sinergia e in sintonia con la rete Rfi. Quanto al tema della privatizzazione delle Frecce, l’ad del gruppo ha rimandato all’azionista di riferimento ogni decisione in merito.

Al netto di operazioni straordinarie, sulla scia dei nuovi investimenti, il gruppo punta a raggiungere nel 2023 ricavi per 16,9 miliardi, in deciso aumento rispetto ai 12,1 del 2018. Il management prevede inoltre di aumentare di ben 200 milioni anche gli utili passando dai 600 milioni dello scorso anno a 800 milioni di profitti nel 2023. Obiettivi ambiziosi che, secondo il gruppo, sarà possibile realizzare trasportando 90 milioni di passeggeri in più l’anno. Senza escludere anche qualche ritocchino ai prezzi dei biglietti.