Società

Volevo scrivere di Zanda e Zingaretti ma poi ho avuto paura di diventare un’aragosta

Gli amici del Fatto, così come i seimila follower su FB, devono aver notato il mio lungo silenzio ed hanno provato a stimolarmi gettandomi un amo su cui erano infilzati Zingaretti e Zanda nella vicenda degli emolumenti dei parlamentari. Ho provato ad abboccare ma, a dire la verità, le rassicuranti inutilità pronunciate dal segretario del Pd non hanno avuto su di me l’effetto di una pillola azzurra. Sono state tante, invece, le cose che mi avrebbero stuzzicato in queste settimane. Greta e i gilet gialli. Le elezioni di Spagna, il teatro dell’assurdo in Venezuela, la nuova contrazione economica.

Ma su tutto a spegnere l’eccitazione, domina la sensazione di vivere un periodo distopico, una sorta di Racconto dell’Ancella, dove ogni tentativo fatto onestamente di capire naufraga nella inutilità.

Che vuoi dire quando ti confronti con il Comandante Waterford di casa tua e lo schema mentale che lo imprigiona? Certo, gli puoi dare del fascista. Lo è. Sono autorizzato a definirlo così, visto che lui mi dà della zecca. Io zecca, tu fascio, non si scappa. Che vuoi dire alle tante Serena, convinte che ci sia del giusto nella causa, se non ricordare che la prima legge della economia è che la moneta cattiva scaccia quella buona. Per cui ti sei imbarcato per fare la battaglia contro l’euro, contro la svalutazione del salario in assenza di quella monetaria, la tecnocrazia brussellese e ti ritrovi certamente xenofobo, forse razzista, a blaterare di castrazione chimica e piano Kalergi. Ma se di fronte hai dei fanatici della Genesi, un pelo sopra i terrapiattisti, è pur vero che questa non è Gilead. Torino lo dimostra. La contromanifestazione di Verona lo ha dimostrato. Waterford ha il 19%, alle europee arriverà al 30 ma la strada è fortunatamente lunga e non a senso unico.

Perché allora non mi sento preso dal sacro fuoco? Perché, appunto non siamo a Gilead dove la scelta è facile, ovvia. Ma assai più nell’altro mondo distopico di The lobster, il film che ci arrivò non a caso dalla Grecia martirizzata dall’austerità. Un film dove se è impossibile non provare orrore per quelli che ti impongono la convivenza a pena di trasformarti in un animale, è altrettanto impossibile provare empatia per la resistenza altrettanto irragionevole dei solitari, altrettanto crudeli, altrettanto rituali. Salvini o Fubini. Mica Trump o Sanders, oppure May e Corbyn. Salvini o Fubini, capite? Per cui stai lì come Colin Farrell davanti allo specchio con il coltello in mano. Me li cavo gli occhi o non me li cavo? E pensi, forse è davvero meglio diventare un’aragosta. Con la maionese.