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Libia, Moavero incontra l’inviato Onu Salamé. “Basta con ossessione su centri di detenzione, lì solo pochi migranti”

I due hanno parlato durante una conferenza stampa dopo la riunione alla Farnesina. Il ministro: "Preoccupati per il riemergere di fenomeni terroristici. Aumento degli sbarchi? Ho contattato e preallertato la Commissione Ue per chiedere un'eventuale redistribuzione"

Continuare a parlare con tutte le parti, coordinamento con la Commissione europea in caso di aumento degli sbarchi, cessate il fuoco immediato e sostegno all’azione delle Nazioni Unite. Sono questi i temi affrontati dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, e l’inviato speciale dell’Onu in Libia, Ghassan Salamé, che più tardi ha incontrato anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Punti dai quali i due invitano tutti gli attori coinvolti a ripartire per arrivare il prima possibile all’avvio dei colloqui di pace sulla Libia. Intorno a Tripoli continuano gli scontri tra le forze guidate dal generale Khalifa Haftar e le milizie fedeli al capo del governo di accordo nazionale di Tripoli sostenuto dall’Onu, Fayez al-Sarraj. “Dal riaccendersi del conflitto armato in Libia l’Italia si è mossa su una linea, quella di continuare a parlare con tutti – ha spiegato Moavero – Non solo le parti che combattono sul terreno, ma tutti gli altri paesi interessati e preoccupati. Questo spiega la serie di incontri che si sono svolti in queste settimane a Roma, alcuni dei quali hanno dissipato dubbi e domande che esistevano. Quello con Le Drian, ad esempio, è servito a chiarire la posizione comune di Francia e Italia“. Sulla questione migranti il ministro assicura di aver “preallertato la Commissione Ue”, ma poi interviene Salamé: “Non ossessionatevi con i centri di detenzione, lì solo pochissimi migranti”. Uno di questi incontri si è tenuto proprio ieri, quando il capo della Farnesina ha ospitato nella sede del ministero il suo omologo emiratino, Abdullah bin Zayed al Nahyan, membro di uno dei governi regionali, insieme ad Arabia Saudita ed Egitto, che sostengono l’azione dell’uomo forte della Cirenaica.

Migranti, Moavero: “In caso di flussi anomali ho preallertato Commissione Ue”
Tra le prime questioni affrontate c’è quella di un possibile nuovo aumento degli sbarchi dovuti al protrarsi del conflitto. “Ho scritto al primo vice presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, e al commissario per le migrazioni, Dīmītrīs Avramopoulos, per chiedere che si predispongano tutti gli atti necessari qualora si verificassero quei flussi anormali di cui parla il trattato sul funzionamento dell’Unione europea che prevede si possano prendere misure”, ha spiegato Moavero. “Queste furono già applicate nel 2015 e portarono a una redistribuzione dei migranti nei Paesi europei. Noi comunque auspichiamo e stiamo cercando di operare affinché non si verifichi questa realtà”. Ma le difficoltà nel trovare un compromesso tra tutti gli Stati membri sono palesi.

Proprio sulla questione migranti, l’inviato speciale dell’Onu ha voluto abbassare subito la tensione ridimensionando un fenomeno che nelle ultime settimane era stato gonfiato con numeri che non corrispondevano alla realtà, come scritto anche da Ilfattoquotidiano.it. In Libia ci sono 700.000 migranti “ma non tutti vogliono attraversare il Mediterraneo. Non dovete ossessionarvi con i centri di detenzione, lì c’è un numero limitatissimo di persone. Il flusso di migranti che vengono dall’Africa occidentale si è quasi azzerato rispetto a un anno fa”. Salamé aggiunge che dall’inizio delle ostilità in Libia, lo scorso 4 aprile, la missione Unsmil è molto “attiva” e i suoi uomini “stanno aiutando centinaia di migranti, che vengono spostati dai centri di detenzione a quelli più sicuri”.

Ma l’esecutivo italiano puntualizza che la questione umanitaria è ai primi posti dell’agenda di governo: “La popolazione civile in Libia è sottoposta a costanti rischi e pericoli crescenti – ha spiegato Moavero mentre il numero degli sfollati a causa delle operazioni militari è salito a 34mila persone -. Noi auspichiamo che ci possano essere tregue che consentano di affrontare l’emergenza umanitaria nel modo migliore”. Poi spiega che la preoccupazione è legata anche a nuove possibili attività terroristiche: dalla crisi libica rischiano di “riemergere fenomeni terroristici. Il terrorismo internazionale non cessa di colpire, come vediamo”.

Comunità internazionale divisa, Salamé: “Questo mi preoccupa”
Ciò che più sembra preoccupare l’inviato Onu sono invece le divisioni. Non solo quelle che caratterizzano lo scacchiere interno libico, ma anche e soprattutto quelle tra gli attori regionali e internazionali che si sono schierati con le diverse fazioni sul campo. “Sono preoccupato per i combattimenti in Libia, ma anche per le divisioni all’interno della comunità internazionale – ha detto – Avrei preferito che si trovasse una soluzione comune in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu ma così non è stato. Dobbiamo evitare che arrivino altri armamenti alle milizie e tenere aperti i canali di comunicazione”. Poi ha rivelato di sperare che “le parti in Libia riescano a sedersi al tavolo dei negoziati prima del Ramadan“, la stessa data indicata però da alcuni capi delle milizie fedeli ad Haftar per rompere la resistenza di Tripoli e prendersi la città.

Una pacificazione potrebbe stimolare anche uno sguardo più a lungo termine, magari pensando a nuove elezioni. “La cattiva notizia sulle elezioni è che è difficile realizzarle ora per via del conflitto, ma la buona notizia è che sette città la settimana scorsa hanno eletto i loro sindaci – ha aggiunto Salamé – Quindi c’è sempre un barlume di speranza per chi è disposto a vederlo”. A causa dei combattimenti delle ultime settimane in Libia “siamo stati obbligati a sospendere le iniziative che avevano portato progressi nel Paese”, come gli accordi per la sicurezza a Tripoli e la “conferenza nazionale” che si sarebbe dovuta tenere a metà aprile a Ghadames. “Ciò non vuol dire che queste iniziative siano state cancellate. Ci stiamo impegnando per salvare il salvabile, ma ci vuole tempo, una certa creatività da tutte le parti e anche il sostegno della comunità internazionale. Quando si sentono le armi, di solito la diplomazia è silente, ma non e così nel nostro caso”, ha concluso.