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Sri Lanka, 321 vittime: 40 arresti. Ministro: “Attacchi risposta agli attentati in Nuova Zelanda”. Premier “Possibili nuovi attacchi”

La polizia ha reso noto che le indagini hanno portato all'arresto di altri sospettati e il ministro della Difesa ha riferito in Parlamento di un collegamento con le esplosioni alle due mosche di Christchurch il 15 marzo scorso. Tra le vittime anche una cingalese residente a Catania. L'Isis rivendica l'attacco diffondendo un comunicato e la foto dei presunti attentatori, con tanto di nomi di battaglia. Due fratelli musulmani, figli di un ricco commerciante di spezie della capitale, hanno avuto un ruolo centrale

Gli attacchi di Pasqua nello Sri Lanka, che hanno provocato al momento 321 vittime, sono stati condotti da estremisti islamici locali in risposta agli attentati del 15 marzo scorso contro due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda in cui morirono 50 persone, ma l’allerta è ancora molto alta: “Sono possibili nuovi attacchi nel Paese perché agli inquirenti risulta che ci sia altro esplosivo e altri terroristi ancora in giro armati e pericolosi“, ha dichiarato il primo ministro, Ranil Wickremesinghe. Il premier ha aggiunto che tra gli obiettivi c’era anche un quarto hotel, ma che “l’attacco è fallito”. “La polizia di Colombo ha diffuso un messaggio di allerta riguardo a un furgone carico di esplosivo che potrebbe trovarsi in città. È l’esito delle prime indagini condotte dopo gli attentanti e riferito dal ministro della Difesa cingalese, Ruwan Wijewardene, in un intervento in Parlamento. Informazione confermata dal premier che nel pomeriggio ha spiegato che tutti gli arrestati fino a ora sono di nazionalità cingalese. Alcuni di loro, ha specificato, hanno compiuto recentemente viaggi all’estero. Non a caso, il primo ministro ha aggiunto che ci potrebbero essere “alcuni legami” tra gli attentatori e lo Stato Islamico che, intanto, ha rivendicato gli attacchi, senza tuttavia fornire alcuna prova del proprio coinvolgimento diretto. Le misure di sicurezza sono state rafforzate attorno ad edifici governativi e stazioni di polizia, riferisce il Guardian.

A due giorni dalle stragi, il numero di vittime è salito a 321 persone, tra cui 45 bambini secondo quanto riferisce Unicef, e ci sono circa 500 feriti. Intanto proseguono le indagini e la polizia comunica che sono stati arrestati 40 sospettati. Secondo il governo, i sette kamikaze che alle 9 del mattino (le 6 in Italia) si sono fatti esplodere in tre chiese e tre resort di lusso nella capitale Colombo appartenevano al gruppo locale National Thowheed Jamath, ma il sospetto è che si siano avvalsi dell’aiuto di una rete internazionale molto più ampia. Due fratelli musulmani, figli di un ricco commerciante di spezie della capitale, hanno avuto un ruolo centrale. La polizia ha dichiarato che i due hanno condotto attentati kamikaze in due diversi hotel, facendosi esplodere mentre gli ospiti attendevano di fare colazione negli hotel Shangri-La e Cinnamon Grand Colombo.

La catena di attacchi era infatti organizzata troppo bene per essere improvvisata. I terroristi, come sta emergendo, si sono mimetizzati tra i fedeli in preghiera e fra i turisti. Uno dei kamikaze dell’hotel Cinnamon “si è messo in coda per la colazione speciale di Pasqua, ha aspettato il suo turno con il piatto in mano fino al momento di essere servito e solo allora ha fatto detonare l’esplosivo“. La dinamica è stata ricostruita da El Mundo citando il racconto di uno dei responsabili della struttura. I terroristi, scrive il quotidiano spagnolo, avevano preso camere negli alberghi obiettivo degli attentati e sembra che la strategia sia stata la stessa in tutti i tre hotel colpiti.

Intanto, è iniziato a circolare un video in fase di analisi da parte delle autorità in cui si vede presunto attentatore suicida che entra nella chiesa di San Sebastiano a Negombo. Le immagini sono state trasmesse da diversi media nazionali e non mostrano la successiva esplosione nella chiesa.

Gli investigatori hanno individuato l’attentatore che si è fatto esplodere nell’hotel Shangri-La. Si chiama Insan Seelawan e quando la polizia, ieri, ha perquisito la sua abitazione nella località di Dematagoda, sua moglie ha fatto esplodere una bomba uccidendo se stessa e i suoi due figlii, come riporta il sito cingalese Newsfirst che cita fonti di polizia. Anche il fratello del sospetto kamikaze, che la polizia ha tentato di catturare, ha fatto detonare una bomba uccidendo tre agenti.

Il governo intanto si rimpalla le responsabilità sulle falle dell’intelligence e i buchi nella comunicazione, nonostante i ‘warning’ giunti almeno da due settimane. I servizi di sicurezza “avevano le informazioni”, ma non hanno agito, ha detto in una conferenza stampa il portavoce del governo Rajitha Senaratne che per primo ha avanzato l’ipotesi di una rete internazionale molto più ampia. Anche il primo ministro ha ammesso in conferenza stampa che gli attentati di Pasqua potevano essere “prevenuti o almeno contenuti” se i rapporti di intelligence fossero stati gestiti correttamente. L’Isis ha rivendicato l’attacco e secondo il Site, portale che monitora l’attività dei gruppi jihadisti su Internet, lo Stato Islamico ha avuto “un ruolo” attivo negli attacchi. Secondo l’esperta di terrorismo a capo di Site, Rita Katz, lo dimostrerebbero dei dettagli come i nomi degli attentatori e il luogo dove ciascuno di essi ha attaccato contenuti nel comunicato con il quale l’Isis ha rivendicato le stragi, affermando che “la Pasqua è la festa degli infedeli”. Nel documento, il gruppo islamista identifica sette attentatori e sostiene di aver causato mille vittime. Contemporaneamente, l’agenzia ufficiale del Califfato, Amaq, ha fatto circolare la foto di un uomo affermando che è lui ad aver guidato i kamikaze.

Intanto il governo di Colombo ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale e ha attribuito all’esercito gli stessi poteri che avrebbe in caso di guerra, mentre la polizia ha imposto il coprifuoco per la terza notte di fila, dalle 21 di stasera alle 4 di domattina. Bloccati anche i social network in tutto il Paese per evitare il diffondersi di fake news.

Morta una 55enne residente a Catania
Tra le vittime delle stragi c’è anche una cingalese di 55 anni, Haysinth Rupasingha, che lavorava come badante e abitava a Catania dagli anni Novanta. Ha perso la vita mentre era nella chiesa di San Sebastiano a Katuwapitiya nella provincia di Negombo. La donna, sposata con un suo connazionale rimasto in Sicilia, era nel suo Paese d’origine per trascorrere le vacanze pasquali in compagnia di amici e parenti in attesa di proseguire per l’Australia dove vive la sua unica figlia. Lo rende noto la Migrantes di Catania, diretta dal diacono Giuseppe Cannizzo. Il marito è partito per lo Sri Lanka. La donna frequentava assiduamente la chiesa di Santa Maria dell’Ogninella, punto di riferimento di tutta la comunità cattolica etnea dello Sri Lanka a cui ha espresso solidarietà al’arcivescovo Salvatore Gristina e tutta la diocesi. Una veglia di preghiera si terrà il 25 aprile alle 18, presieduta dal vicario di Catania, Salvatore Genchi, e dal cappellano srilankese, Michael Cansius Perera.

Turisti italiani rimpatriati: “All’improvviso è scoppiato l’inferno”
Sono stati rimpatriati i primi turisti italiani atterrati all’aeroporto di Fiumicino che raccontano di un clima surreale dopo un improvviso innalzamento della tensione: “All’improvviso è scoppiato l’inferno – raccontano alcuni di loro – Nessuno se lo aspettava, né gli abitanti del posto, davvero pacifici, né noi, costretti poi ad interrompere il viaggio in anticipo”. Alcuni di loro alloggiavano molto vicino ai luoghi degli attacchi e hanno vissuto in prima persona gli attimi immediatamente successivi alle esplosioni. “Eravamo in albergo a Negombo, città a maggioranza cristiana distante una quarantina di chilometri da Colombo e a circa 4 chilometri da San Sebastiano, una delle chiese oggetto degli attacchi esplosivi compiuti contro chiese e hotel del Paese – racconta una turista di Roma, appena sbarcata all’aeroporto di Fiumicino in compagnia della nipote – Sul momento non avevamo capito cosa fosse accaduto. Lo abbiamo capito solo dopo, seguendo i notiziari della Cnn e navigando in internet. Ci è stato ordinato di non uscire assolutamente dall’hotel dove siamo rimaste chiuse per due giorni”. La donna aggiunge che durante questa permanenza forzata hanno anche trovato difficoltà a comunicare con i propri familiari: “A causa del coprifuoco, sono state interrotte tutte le linee di comunicazione messaggistica, come ad esempio Facebook“.