Società

Scuola, questo è il ponte più lungo della storia. Ma così si mettono in crisi le famiglie

Le pause didattiche per le festività sono una manna per gli studenti e un problema per i genitori. La rilevanza del problema è direttamente proporzionale all’ordine scolastico di frequenza: più l’ordine è basso, più i genitori sono in difficoltà. Parliamo dei genitori di oggi che costruiscono famiglie prevalentemente nucleari, a volte monogenitoriali, che gestiscono per la maggior parte da soli l’impegno e le responsabilità della genitorialità.

La complessità della vita quotidiana rende necessaria una notevole flessibilità e intercambiabilità di ruoli all’interno della famiglia: i padri tendono oggi a lasciare spazio in alcune delle aree che erano di loro esclusiva competenza, dedicandosi a quelle funzioni affettive che in passato erano delegate quasi totalmente alle madri. Le madri rinunciano in parte all’esclusività del rapporto con i figli per maggiori possibilità di realizzazione personale all’esterno della famiglia. Questo cambiamento avviene non senza difficoltà da parte di entrambe le figure. Il tutto si regge su un fragile equilibrio in cui la scuola ha un suo ruolo e quando la scuola chiude l’equilibrio vacilla.

Le scuole chiudono per le festività, per i ponti, per le elezioni eccetera. Quello che è appena iniziato dicono che sia il ponte più lungo della storia, le famiglie si sentono abbandonate a se stesse e devono far ricorso a tutte le risorse disponibili, spesso poche: non tutti hanno nonni (o zii, o parenti, o amici) che si offrono, o risorse economiche per soluzioni alternative (baby sitter, ludoteche, spazi ricreativi), così i momenti che dovrebbero essere di riposo per tutti, per i genitori sono spesso i più faticosi. Al punto che il rientro al lavoro può sembrare meno pesante.

Per i genitori è importante avere a disposizione reti di supporto adeguate, a cominciare dal nido e dalla scuola materna. La scuola in generale ricopre sempre di più un ruolo di base sicura, che affianca e sostiene la famiglia nel carico di responsabilità e nella costruzione del percorso educativo. Da una parte (la scuola) mostra segnali di sensibilità ai bisogni delle famiglie e può succedere che una scuola sia aperta durante le sospensioni, con offerta di corsi e attività di varia natura, dalle lingue al disegno, dalle attività motorie al gioco, dal teatro ai fumetti, e questo aiuta a trascorrere le pause scolastiche dei figli con maggiore serenità. Ma non in molti casi è così.

Le obiezioni che a volte vengono fatte sono che il compito della scuola, soprattutto pubblica – e perciò sempre alle prese con conti che non tornano e le risorse che si assottigliano – non è quello di baby sitter, né tanto meno quello di ricoprire un ruolo (educativo) che non le compete. Credo però che nessuna figura professionale o istituzionale che abbia a che fare con bambini, fanciulli o ragazzi e con i loro genitori possa mai dire che il ruolo di accudimento e/o educativo non le competa. Siamo tutti coinvolti.

In un mondo ideale scuola e famiglia si completano, si integrano, si coordinano e costruiscono una reciprocità condivisa con l’obiettivo comune di proteggere, formare, equipaggiare, sostenere (e tanto altro) le generazioni in crescita.