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Def, sindacati: “No ad aumenti Iva”. Confindustria: “Se scattano clausole nel 2020 attesi 0,3 punti di minor crescita”

Al via le audizioni sul Documento. Viale dell'Astonomia: "Non appare immaginabile un annullamento in deficit: porterebbe il rapporto con il Pil pericolosamente oltre il 3 per cento e potrebbe causare un forte aumento dei tassi di rendimento sui titoli di Stato". Sindacati contro la flat tax: "No a vantaggi per i redditi più alti"

Al via davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato le audizioni sul Documento di economia e finanza. Lunedì 15 aprile hanno commentato il Def sindacati, Confindustria e altre associazioni di imprese, la Conferenza delle Regioni, Anci e Upi. Le sigle sindacali hanno attaccato soprattutto sulla promessa di un avvio graduale della flat tax anche per le famiglie e sulle clausole di salvaguardia da 23 miliardi nel 2020, che preoccupano anche viale dell’Astronomia.

“Il Def in nessuna parte indica un’intenzione di procedere alla sterilizzazione degli aumenti Iva”, sostiene la Cisl nel documento consegnato alle commissioni, in cui sostiene che si “rafforza l’idea che il Governo non pensi al momento” al blocco delle clausole. Ma aumenti Iva, anche parziali, avrebbero “effetti recessivi sui consumi” e “di equità”, oltre che di incentivo “all’evasione e al sommerso“.

Per Confindustria “l’attivazione delle clausole avrà un impatto nel 2020 stimabile in: 0,3 punti percentuali di minor crescita del Pil e 0,9 punti di Pil di minor deficit pubblico”. Se non si volessero far scattare queste clausole, “non appare immaginabile un annullamento in deficit: porterebbe il rapporto con il Pil pericolosamente oltre il 3 per cento, che nelle attuali condizioni non sarebbe sostenibile. Infatti, potrebbe causare un forte aumento dei tassi di rendimento sui titoli di Stato che, oltre a peggiorare ulteriormente il deficit, avrebbe comunque effetti recessivi”. Per la prossima Legge di bilancio quindi “occorrerà trovare un opportuno mix di interventi per far scendere il rapporto deficit/Pil in misura adeguata a rassicurare i mercati finanziari e, allo stesso tempo, limitare gli effetti recessivi”. Per “essere credibili bisognerà indicare dove trovare le risorse per fronteggiare il rallentamento della crescita economica e, al contempo, creare spazi di manovra per disinnescare le clausole di salvaguardia”.

Quanto alla promessa di flat tax per i ceti medi, la Cisl ha ribadito “la necessità di una revisione complessiva del nostro sistema fiscale e una sua semplificazione e razionalizzazione, anche per quel che riguarda le cosiddette Tax expenditures, senza però che ciò significhi ingiustificati e inaccettabili vantaggi fiscali per i redditi più alti come invece farebbe la Flat Tax che rischia di generare ulteriori distorsioni e lasciare modesti recuperi a tutti coloro che maggiormente hanno sopportato i costi della crisi”. Secondo la Cgil “la riforma fiscale è un tema di grande importanza che non può essere affrontato con miopia e velleità elettoralistiche, merita un tavolo partecipato da tutte le organizzazioni sindacali”. La sigla di cui è segretario generale Maurizio Landini sottolinea che “passare da un sistema multi-aliquota, che dovrebbe essere corretto e più progressivo, ad un sistema con una o due aliquote, finanziando la modifica con la riduzione delle spese fiscali, non può generare maggiori vantaggi per lavoratori e pensionati rispetto ai redditi più alti”.