Cronaca

Ponte Morandi, tra rischio amianto e ritardi. I timori degli abitanti: “Noi presi in giro, ci dicano quanto tempo servirà”

Tra gli “inconvenienti” di avere circa 300 famiglie che si trovano costrette a vivere nell’area ‘arancione’ a pochi passi dal cantiere per la demolizione e ricostruzione del Ponte Morandi, c’è quella di dover rendere conto, giorno per giorno, dell’avanzamento dei cantieri a chi convive con la doppia necessità di tempi brevi e massima tutela per la propria salute.  Così può capitare che la struttura commissariale convochi una conferenza stampa per presentare la demolizione con esplosivo prevista in fine settimana, a febbraio, e proprio poche ore dopo la presentazione di un esposto da parte dello storico comitato di quartiere dover bloccare tutto perché “sì, in effetti l’amianto nel ponte c’è, e non può essere fatto esplodere e polverizzato”.
Poi ci sono le tonnellate di amianto presenti negli edifici in via di bonifica, che saranno rasi al suolo per la ricostruzione del ponte. Materiale raccolto e sigillato, come da regolamento, dentro a sacchi bianchi con la sigla “AM”. Il problema (e la preoccupazione dei cittadini) sorge quando, anziché essere trasferiti come ci si aspetterebbe in tempi brevi, o messi al riparo in strutture chiuse, questi sacchi vengono lasciati per oltre 15 giorni sul terreno di fronte alle case dei residenti di via Campi e via Porro. Ma non finisce lì, perché chi si vede costretto a stendere i panni al limite del cantiere vede suo malgrado caricare questi sacchi su dei tir privi di teloni per la copertura del carico. “Verificheremo il corretto smaltimento”, si sentono rispondere gli abitanti preoccupati dall’architetto Roberto Tedeschi, direttore generale dei lavori, nel primo incontro con la cittadinanza a pochi mesi dall’avvio reale del cantiere (annunciato e inaugurato per la stampa a dicembre, partito realmente a gennaio).
Riportiamo alcuni passaggi dell’incontro pubblico tra i residenti e gli addetti ai lavori, con la presenza dell’assessore Pietro Piciocchi, sempre presente a questi incontri fin dai primi giorni dopo il crollo del ponte Morandi. “Ma loro sono politici, io sono un tecnico – spiega il direttore dei lavori a chi gli chiede certezze sui tempi – e devo dirvi le cose come stanno: non sappiamo quando finiremo e come si andrà avanti, potremmo trovare più amianto di quello trovato fin ora, e questo certamente rallenterebbe i lavori, ma le problematiche possono essere molte altre”. Sarebbe scorretto “venire a promettervi date certe o creare aspettative infondate” misura le parole Piciocchi, anche a moderare la propaganda della struttura commissariale. A oggi, la demolizione completa del ponte è prevista per inizio luglio.

Quando il consorzio d’imprese per la demolizione dei resti del viadotto ha presentato il cronoprogramma delle operazioni, aveva annunciato la demolizione della “pila 8” il 9 marzo, l’abbattimento delle case a partire dal 21 marzo, le esplosioni delle “pile” 11 e 10 sabato 23 marzo e lunedì 6 maggio. Nessuno di questi passaggi è avvenuto nei tempi previsti, e gli abitanti temono di dover convivere con i lavori molto più a lungo del promesso