Cronaca

Pennac chiede scusa per avere difeso Battisti: “È stata un’idiozia. Non pensavo potesse essere un così brutto ceffo”

Ospite di un festival a Ca' Foscari a Venezia, lo scrittore si pente pubblicamente per avere dato il suo appoggio al terrorista con una lettera scritta il 19 febbraio 2004. "Sono stato uno stupido, ho avuto torto"

Quindici anni dopo la lettera di solidarietà scritta a Cesare Battisti il 19 febbraio 2004, Daniel Pennac chiede pubblicamente scusa per quella che oggi definisce “un’idiozia”. Lo scrittore francese sceglie il palco dell’Università Ca’ Foscari a Venezia, a pochi chilometri di distanza dal luogo dove i Proletari armati per il comunismo uccisero nel 1979 il macellaio Lino Sabbadin, per ammettere di avere sbagliato quando firmò l’appello per impedire l’estradizione del terrorista. E lo fa anche alla luce delle recenti ammissioni da parte del detenuto che per decenni aveva ostentato la propria innocenza, usufruendo proprio in Francia della tutela della “dottrina Mitterrand”, ovvero il rifiuto della sua consegna all’Italia, nonostante le condanne all’ergastolo. Soltanto poche settimane fa Battisti è stato catturato in Bolivia e portato in Italia, quarant’anni dopo essere fuggito. Nel carcere di Oristano ha ammesso gli omicidi che aveva sempre negato di aver commesso.

Pennac ha partecipato alla dodicesima edizione di “Incroci di civiltà”, il festival culturale ideato dall’università di Ca’ Foscari, e nell’auditorium Santa Margherita ha conversato con il giornalista e filosofo Pietro Dal Soldà, presentando il suo ultimo libro “Mio fratello”. E ha deciso di rispondere in pubblico alla domanda che lo inseguiva da tempo. Parole inequivocabili. “Io in quell’epoca mi sono opposto alla estradizione di Cesare Battisti quando era in Francia. È stata una grande stupidaggine da parte mia, perché Battisti ha mentito alla giustizia italiana, ha mentito a Mitterrand e a coloro che si facevano garanti per lui che si è rivelato un assassino. Non pensavo potesse essere un così brutto ceffo. Se usiamo l’omicidio come soluzione dei problemi sociali diventiamo come Stalin”. Pennac ha alzato la voce quando ha aggiunto: “Dunque io sono stato uno stupido, ho avuto torto. Ma io ho difeso un’idea, questa è veramente politica pura. Mitterrand in quegli anni, 1985-1990, con la sua dottrina di ospitare i ricercati per atti di natura violenta, ma di natura politica, qualora avessero rinunciato a ogni forma di violenza, ha fermato la guerra civile in Italia, togliendo le armi ai terroristi militanti. Ha disarmato le Brigate rosse italiane. Ci sono persone che hanno deposto le armi”. Lo scrittore ha concluso: “Lui ha messo fine alla guerra civile. Se Mitterrand non avesse disarmato i brigatisti non ci sarebbe stata quella pace. La sua azione è stata quindi molto importante. Io non rilascerò altre interviste su questo argomento”.

Che si tratti di un argomento ancora scottante lo dimostra il fatto che in Francia vivano ancora alcuni ricercati italiani dell’epoca del terrorismo, che si sono rifatti una vita, nonostante le condanne subite nelle corti d’assise italiane.

Il creatore di Benjamin Malaussène nel febbraio del 2004 la pensava in modo diverso. A Cesare Battisti, da poco arrestato, scrisse: “Io non la conosco e non l’ho mai letta e non l’avrei certamente seguita nella fase di impegno armato della sua giovinezza. Il che mi dà tanta più libertà di dirle quanta vergogna provo per quello che il mio governo le sta facendo, e che poi, attraverso di lei, minaccia senza dubbio altri rifugiati italiani”. E aveva aggiunto: “Siamo nel 2004, i fatti che le sono addebitati risalgono a circa vent’anni fa, ed ecco che lei è nuovamente gettato in prigione, tradito dal paese che le aveva garantito un rifugio e minacciato di essere rispedito a quello stato che le rifiuta ogni perdono. Come spiegare alle giovani generazioni una simile regressione del costume politico? E come riuscire a far comprendere a coloro che ci governano che agendo in questo modo creano quelle condizioni di disperazione che hanno gettato nella lotta armata l’adolescente che lei era negli anni ’70?”. Non una parola per le vittime degli omicidi, in quella lettera, ma la convinzione che “la giustizia confina con la vendetta”. Con l’auspicio finale: “Spero ardentemente di sbagliarmi, e spero che il mio governo, sensibile alle argomentazioni che gli vengono opposte, rimarrà fedele alla garanzia di protezione che le è stata accordata. Coraggio dunque e a presto rivederla, libero”. Battisti, tornato libero, aveva raggiunto nel 2004 il Brasile, dove è rimasto fino al 2018, prima di raggiungere l’ultimo rifugio in Bolivia.