Società

Estratti di frutta e verdura, perché non sono davvero il superfood che pensate

L’offerta di succhi di vegetali freschi è in crescita. E con i loro bei colori naturali, questi succhi ci invogliano all’assaggio. Ma sono davvero insostituibili superfood come vengono promossi? E può questo pieno di vegetali sopperire a una dieta squilibrata?

Prima di tutto, un distinguo. Centrifugati ed estratti non sono la stessa cosa. I primi sono prodotti con un elettrodomestico (la centrifuga) che scalda i vegetali, riducendone il contenuto enzimatico e ne scarta una grande quantità, abbassando molto l’apporto nutrizionale del succo. I secondi sono ottenuti con l’estrattore, un apparecchio che gira più lentamente e non scalda il vegetale, “spremendolo” fino a lasciare pochi residui. Il profilo nutrizionale è superiore. Con l’estrattore restano enzimi, vitamine, antiossidanti, minerali e parte delle fibre. Ci occuperemo dunque solo degli estratti.

Per essere validi, devono avere buoni ingredienti freschi e biologici (per non rischiare di fare il pieno di pesticidi), soprattutto ortaggi – in particolare verdure a foglia – e in minor misura frutta: poca fa bene, troppa (più di due-tre frutti al giorno) dà un sovraccarico di zuccheri, causa gonfiori, fermentazioni, feci sfatte, problemi articolari, a causa dell’accumulo nelle giunture del fruttosio in eccesso.

Ma un concentrato di ortaggi non è sempre gustoso per il palato. Chef e barman sanno fare mix squisiti, ma giustamente costosi. E se ci proviamo noi a casa? Servono una spesa iniziale per l’apparecchio, un ricettario, un po’ di esperimenti, un buon assortimento di vegetali; e poi bisogna pulire bene l’apparecchio dopo l’uso, per non rischiare contaminazioni batteriche e muffe. Il tutto richiede tempo e pazienza, al pari della preparazione dei vegetali. Quindi, se pensavamo di risparmiare il lavoro dedicato ai fornelli o alla preparazione di un’insalata, potremmo aver fatto male i nostri conti!

In ogni caso, i succhi non possono sostituire il vegetale nella sua interezza, con la sua unica sinergia di componenti. E nell’operazione vanno perse molte delle fibre idrosolubili, indispensabili per dare il senso di sazietà, ridurre l’assorbimento di zuccheri, grassi e colesterolo. Così un succo non può saziare a lungo e se particolarmente zuccherino viene assorbito in fretta e la fame torna presto. L’estratto non è comunque un vero sostituto del pasto perché mancano le proteine. E non ci costringe a masticare, così le gengive si indeboliscono.

Allora i succhi non servono? No, dipende come li si usa. Sono dissetanti, invitano a consumare vegetali e hanno tanti nutrienti. Vanno bene per stare “leggeri”, ogni tanto, dopo qualche stravizio (senza illuderci che bere un succo alla settimana ripari i guasti di una dieta scorretta), oppure per ricaricarsi di minerali, vitamine, ecc. nelle fasi di passaggio, quando l’organismo modifica il metabolismo per adattarsi alla nuova stagione. Sono interessanti per una temporanea riduzione delle fibre (per esempio durante la crisi di una malattia intestinale) e a scopo terapeutico, con le formulazioni e i dosaggi del nutrizionista.

Tuttavia, forse è ancora meglio ricorrere a un frullatore: è più economico, più facile da usare e pulire; si possono tentare varie mescolanze fino a trovare le preferite. Frullati e smoothie bene o male piacciono a tutti, non danno scarti (tranne le parti non commestibili, scartate a monte) e le fibre restano tutte. Possiamo perfino cimentarci nella masticazione di questi frullati. In fin dei conti, dicono i cinesi, bisogna bere i solidi (cioè masticarli finché non sono liquidi) e masticare i liquidi (nel senso di non trangugiarli ma di trattenerli un po’ in bocca). A tutto beneficio della digestione e dell’assimilazione.