Cultura

In Italia si stampano troppi libri. Forse è il caso di smetterla

In Italia si pubblicano troppi libri. Continuamente. Il mercato ormai saturo non fa altro che rigurgitare, digerire e far morire libri in 90 giorni. Novanta giorni: è questa la media durata di un libro sul mercato. Dopo tale data, il circa 70% dei volumi non è più considerato novità. Paragonandolo alla vita di un uomo, un libro invecchia un anno al giorno. Nel Belpaese si stampano 60mila titoli l’anno, 164 al giorno, 8 ogni ora. C’è una costante e frenetica corsa alla novità, oltre il 75% degli editori vive grazie alle novità. Il catalogo di un editore si sta man mano svuotando di significato, è sempre più raro che libri stampati dieci anni fa continuino a essere presenti sul mercato e a vendere. Sessanta milioni di titoli stampati a cui si aggiungono le autopubblicazioni e altri 63mila ebook.

In Italia si pubblica quasi un libro per ogni abitante. La cifra delle pubblicazioni è in costante aumento. Nel 2000 venivano pubblicati 30mila volumi. In 20 anni la cifra è raddoppiata. Grazie sicuramente alla facilità con cui oggi è possibile stampare un libro. I volumi sono ormai prodotti industriali facilmente realizzabili da chiunque e a costi contenuti. La stampa on demand, ovvero su richiesta, ha dato la possibilità agli editori di poter stampare costantemente titoli nuovi per poche centinaia di copie. In questo modo l’editore perde il suo ruolo di selezionatore e mediatore col pubblico e si trasforma in un ponte tra l’autore e la tipografia.

Continuano a nascere e morire case editrici, bastano poche migliaia di euro per avviare una società editoriale e bastano pochi mesi per chiudere la propria partita Iva. Sento sempre più spesso tra i vicoli delle fiere autori che preferiscono aprire una casa editrice piuttosto che rincorrere marchi. In Italia, secondo gli ultimi dati della associazioni di categoria, vengono immessi nel mercato editoriale 130 milioni di volumi all’anno. La metà rimane invenduta sugli scaffali, nei magazzini dei distributori, nelle sedi della case editrici. La metà, 65 milioni di libri, torna indietro. Troppi libri per i 5mila punti vendita italiani. Tra librerie e cartolibrerie non si arriva a 5.500 unità.

Un libraio per stare al passo coi tempi dovrebbe ordinare 160 nuovi libri al giorno. I 3.500 editori italiani pubblicano in media 17 titoli all’anno, più di uno al mese. Cifre troppo alte per un mercato che in Italia vede metà del Paese completamente assente dal mercato (ovviamente parlo del Sud). Trentatré milioni di non lettori e 23 milioni di potenziali lettori che abitano in comuni senza una libreria. Forse è arrivato il momento di fermare le rotative e iniziare a investire sui lettori futuri, è arrivato il momento di ripensare alle librerie comunali, è arrivato il momento di abbattere meno alberi e ritornare a stampare meno testi promuovendoli meglio e con maggior intensità.

Il fatturato del mercato editoriale italiano è di appena 1 miliardo e 200 milioni. Gran parte di questi soldi finisce nelle tasche di pochi marchi. All’ultima fiera del libro di Roma, Più Libri Più Liberi, veniva considerata “media casa editrice” una società dal fatturato di 13 milioni di euro (mossa degli organizzatori per inglobare in fiera Sellerio e Minimum Fax). Società in competizione con case editrici che a stento riescono ad arrivare a 100mila euro di fatturato. Nonostante ciò, 13 milioni sono briciole rispetto ai mega marchi che assorbono anche catene di librerie e distribuzione.

Lancio un appello ai colleghi piccoli e medi: riduciamo il numero di pubblicazioni, impariamo con vigore a dire no. Desaturizziamo il mercato da micropubblicazioni da cento copie, da libri usa e getta, da libri a obsolescenza programmata. Riconquistiamo la voglia di pubblicare libri costruiti per durare nel tempo. Investiamo più risorse nella formazione alla lettura a lungo termine delle future generazioni, portiamo i libri in luoghi non convenzionali, nelle palestre, nelle discoteche, nelle fabbriche, conquistiamo nuovi lettori invece di produrre troppi titoli per pochi lettori. Denunciamo il cattivo uso che si fa dei libri nelle scuole, dove i fondamentali diritti del lettore vengono calpestati a favore della lettura forzata e della lettura didattica.

Agli scrittori dico: scriviamo di meno e leggiamo di più. Prima di pubblicare un libro chiediamoci seriamente se il mondo ha bisogno di quelle pagine. Rimettiamo in circolazione libri vecchi anche di 20 anni, che abbiamo pubblicato tempo fa, ma che hanno ancora qualcosa da dire al mondo. Se davvero amiamo il settore in cui lavoriamo, operiamo: iniziamo a preoccuparci di quel lettore che oggi ha otto anni e che in futuro potrebbe essere un lettore accanito delle nostre edizioni. Non spaventiamoci davanti a qualche scaffale vuoto delle librerie, preoccupiamoci invece di scaffali pieni zeppi di libri che stanno per morire. Insomma, #MenoLibri+Lettori.