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Migranti: mentre i politici fanno slogan, artisti e architetti li ‘aiutano a casa loro’. Per davvero

Mentre la politica, tra molte inerzie e contraddizioni, cerca di individuare le politiche di accoglienza per migranti e rifugiati – cercando di stabilire se lo slogan “aiutiamoli a casa loro” sia pura retorica oppure un progetto concreto, finalizzato ad avviare e sostenere qualche forma di stabilità nei Paesi di origine dei migranti – proviamo a raccontare due iniziative, piccole ma significative, di quelle che forse potrebbero far parte a pieno titolo di quelle utopie realizzabili, per citare Rutger Bregman e il suo libro Utopia per realisti, che nell’utopia appunto vede il più realista dei programmi politici.

1. Nel campo di Azraq, situato nella zona desertica della Giordania settentrionale dove vivono circa 20mila rifugiati siriani, è stato appena completato un complesso scolastico (sei aule, una biblioteca, una cucina, un campo da calcio) che ospiterà 200 bambini. L’edificio, 330 metri quadrati e costato 166mila euro, è stato progettato e costruito da Emergency architecture & human rights, un gruppo internazionale di architetti con sede a Copenhagen, in collaborazione con The Syria Fund (Tsf) e Helping Refugees in Jordan (Hrj).

La costruzione, realizzata con materiali a km zero, in mattoni compressi prodotti in loco da manodopera non specializzata, è il risultato di un’attività collettiva condivisa direttamente e indirettamente da oltre 350 membri di gruppi familiari. Un impegno che ha permesso di “costruire” anche un senso di comunità attraverso il lavoro e l’apprendimento di nuove competenze. Il progetto raggiunge a costi contenuti un valore estetico che restituisce il decoro e la dignità della persona, scalzando definitivamente l’estetica emergenziale e provvisoria dei container in metallo.

2. La seconda iniziativa riguarda il completamento di un edificio residenziale e scolastico per gli orfani di Kobane in Siria, all’interno del quale vi sarà una casa accoglienza, un asilo, una scuola, un parco e uno spazio giochi, che dovrebbe accogliere 100 orfani e 500 alunni su un’area di 1.700 metri quadrati. Il costo di costruzione previsto è di 148mila euro. L’iniziativa, promossa dall’associazione Docenti Senza Frontiere insieme a Ricostruzione di Kobane, ha intitolato l’orfanotrofio ad Alan (“L’arcobaleno di Alan”), il bambino di tre anni proveniente da Kobane e che nel 2015 perse la vita nel Mediterraneo durante la traversata verso l’Europa.

Tra gli altri, sostiene questa necessaria iniziativa l’artista Nicoletta Braga, la cui ricerca artistica è centrata sulle connessioni tra corpo e segno nelle relazioni politiche e poetiche individuali e collettive. Dal primo febbraio, con la sua installazione-performance dal titolo Cambiamento di Stato, Macro Asilo-Asilo di Kobane e le sue opere esposte presso il Macro Asilo a Roma, darà un contributo a sostegno del Confederalismo Democratico in Kurdistan, per la denuncia della repressione turca e per il protagonismo delle donne nella lotte per l’emancipazione. Nessuna delle opere esposte è in vendita, tutte sono in regalo: sono il dono dell’artista a chi vorrà versare un contributo significativo per l’Asilo di Kobane direttamente alla Uiki – Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia.