Cultura

Egitto, “Ho trovato la tomba di Cleopatra”: la rivelazione dell’archeologo Zahi Hawass

"Sono molto vicino: penso davvero di averla individuata, sono sulla buona strada, ho grandi speranze di trovarla presto", ha detto in una conferenza all'Università di Palermo

La tomba di Cleopatra, l’ultima celebre regina d’Egitto sta per essere riportata alla luce. E con lei, le spoglie del suo ultimo tragico amore: Marco Antonio. A dare la notizia è l’archeologo Zahi Hawass, considerato il massimo egittologo al mondo: “Sono molto vicino: penso davvero di averla individuata, sono sulla buona strada, ho grandi speranze di trovarla presto”, ha detto in una conferenza all’Università di Palermo. 

Nella Valle dei Re e ad Alessandria si lavora con le tecnologie più avanzate per svelare i tanti misteri ancora irrisolti delle piramidi egiziane e per trovare la tomba di Cleopatra. La regina dal fascino fatale sarebbe sepolta insieme con Marco Antonio, l’uomo con cui condivise il declino del regno tolemaico e il passaggio dell’Egitto sotto la Roma imperiale di Ottaviano. A Palermo, Hawass ha fatto il punto sulle ricerche, che hanno già dato risultati importanti e liquidato molte leggende.

Il caso che ha suscitato un grande interesse mediatico è quello della tomba di Cleopatra e di Marco Antonio. Secondo l’egittologo le due sepolture sarebbero nello stesso sito. Hawass sostiene di avere già individuato quella della regina e di essere sulle tracce di quella del suo ultimo amore. I fedelissimi di Cleopatra ne avrebbero occultato il corpo mummificato, seppellendolo con Marco Antonio in un luogo sacro e sicuro: avrebbero così unito simbolicamente un comune destino di morte e di amore. Sulle campagna di esplorazione a Giza, lo studioso egiziano ha parlato soprattutto della scoperta di una necropoli con 27 tombe e sulle ultime indagini sulla piramide di Cheope, la più grande di tutte, nella quale si stanno utilizzando sofisticati strumenti di rilevamento.

L’impiego di robot ha consentito di individuare stanze segrete e di mappare i corridoi sotterranei. Le ricerche hanno consentito, tra l’altro, di scoprire uno spazio vuoto sul quale sono fiorite ipotesi e leggende. Hawass le ha subito smontate. “Sono certo – ha detto – che in quello spazio non c’è nulla da scoprire”. Ha infine ribadito la sua ipotesi sulla fine di Tutankhamon. La mummia ha un buco nel cranio e si era quindi pensato a un omicidio. Hawass è invece convinto da tempo che il giovane faraone, il quale aveva un problema ai piedi, sarebbe morto a causa della malaria.

Zahi Hawass è riconosciuto come uno dei massimi esperti di antichità egizie. È noto anche per le sue numerose apparizioni divulgative in documentari sull’antica civiltà che si sviluppò sulle rive del Nilo. Ha scoperto tutta la famiglia di Tutankamon. È stato ispettore di numerose spedizioni archeologiche e di siti archeologici egizi, come nella spedizione italiana a Sikh Abada, Minya; del sito di Edfu-Esn; della spedizione Pennsylvania Yale ad Abido; del sito Western Delta ad Alessandria; del sito Embaba, Giza, al Cairo; del sito Abu Simbel; della spedizione Pennsylvania a Malkata, Luxor; Ispettore delle antichità per il Boston Museum delle Piramidi di Giza. Fino al 1979 è stato primo Ispettore delle antichità, per le Piramidi di Giza, Embaba, e per l’Oasi di Bahariya. Nel 1980 è stato Ispettore capo per le Piramidi di Giza. Dal 1987 al 1997 è stato direttore generale delle piramidi di Giza, Saqqara e dell’Oasi di Bahariya. Dal 1998 al 2002 è stato sottosegretario di Stato per i monumenti di Giza. Dal 2002 è segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie. Il 31 gennaio 2011 è stato nominato ministro delle Antichità. Hawass è a capo di un movimento d’opinione per la restituzione di importanti manufatti egiziani antichi, come la Stele di Rosetta, dalle collezioni egizie nel mondo dove esse sono in consegna. L’archeologo, in qualità di segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie al Cairo, ha dichiarato: “Se gli inglesi vogliono essere ricordati, devono riabilitare la loro reputazione, offrendosi volontariamente di restituire la pietra, perché è l’icona della nostra identità egizia”.