Cultura

I musei sono macchine da soldi? Tre luoghi comuni da sfatare

Oggi vogliamo sfatare alcuni luoghi comuni sui musei e sulla loro gestione:

1. Musei = macchine per soldi

Primo mito da smontare: i musei non sono macchine per soldi, non potranno mai essere autosufficienti o tanto meno fare profitti perché non sono imprese commerciali. Il loro capitale sono le collezioni, l’edificio e il personale; i ricavi sono i servizi agli utenti, in altre parole la cultura. Le entrate del Louvre, il museo più visitato al mondo, coprono appena la metà dei costi annuali messi a bilancio. Il Metropolitan Museum of Art di New York, malgrado i suoi 7 milioni di visitatori e i tanti mecenati e sponsor, ha annunciato nel 2016 un deficit di circa 40 milioni di dollari su una spesa annua di 332 milioni. Uno Stato moderno e civile promuove la cultura dei suoi cittadini attraverso la creazione e la gestione dei musei, mettendone il costo in conto alla fiscalità generale.

2. Molti visitatori = successo della cultura

Sulla stampa impazza il tormentone: perché nella classifica dei 10 musei più visitati al mondo non compare un nostro museo? Il paragone è inaccettabile, tanto più che i nostri musei sono tra i più visitati al mondo, anche se non tra i primi 10. I visitatori dei nostri 4.976 musei sono in costante aumento (gli ultimi dati Istat risalgono al 2015 e attestano 110 milioni di visitatori annui). In Germania i musei sono 6.710 e totalizzano pochi milioni di visitatori in più (totale 114 milioni), In Francia i musei sono invece 1.250 e totalizzano 63,5 milioni di visitatori. Quindi non stiamo messi così male come vorrebbero farci credere. Il problema vero, che affligge l’Italia come tutti i Paesi europei, è che i visitatori si concentrano sempre nei soliti musei, disertando quelli meno noti. Il 52% dei visitatori si concentrano infatti in tre regioni: Lazio (22,3%), Toscana (20,6%) e Campania (9,2%). Lo stesso accade in Francia e in Germania, dove Parigi e Berlino fanno gli assi piglia tutto. Il risultato è che certi musei sono ormai infrequentabili, presi d’assalto da folle schiamazzanti che rendono impossibile emozionarsi davanti ai capolavori esposti, mentre altri languano in solitudine. Forse varrebbe la pena riflettere se il nostro patrimonio culturale sia da “consumare” o debba invece avere una funzione più alta e nobile.

3. Depositi museali = miniera di guadagni

Per fortuna è vietato per legge vendere le collezioni custodite negli scantinati dei musei e quindi questa perniciosa idea di sfruttare i depositi per pagare i nostri debiti correnti è del tutto velleitaria. I depositi dei musei sono luoghi di ricerca e studio, come gli archivi e le biblioteche. Consentono di preservare meglio le opere rispetto a quelle esposte; anche quando custodiscono opere di seconda scelta offrono un panorama del contesto in cui sono nate le opere di prima qualità e costituiscono nel loro insieme un documento storico importantissimo. Vendere opere è molto rischioso: infatti sull’onda di una moda si può ritenere un autore secondario per poi vederlo “scoperto” e rivalutato da qualche altro museo, oppure ritrovarsi ad aver alienato un quadro di autore sconosciuto e poi scoprire che invece era opera di un maestro famosissimo. Ma, più importante ancora, nei depositi del musei vengono fatte le scoperte più interessanti, come per esempio i papiri di Ercolano, che grazie alle nuove tecniche ai raggi X sono stati decifrati, consentendo di ampliare le nostre conoscenze.

In conclusione ci sono più di quattromila musei in Italia: invitiamo i lettori a visitare soprattutto quelli meno noti, come per esempio il Museo della Civiltà Romana dell’Eur, che conserva la Forma Urbis, oppure la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, che offre ai suoi visitatori alcuni tra i più bei capolavori del Perugino. Senza dimenticare i tanti musei e siti archeologici dei capoluoghi di provincia, che possono ancora offrire ai visitatori intraprendenti quel silenzio e quella calma essenziali per godere delle opere esposte.