Giustizia & Impunità

Scontro treni Andria-Corato, il gup rinvia tutti a giudizio: ‘Non fu tragica fatalità. Violate norme sicurezza, vertici sapevano’

Il gup spiega che "l'udienza preliminare non è un quarto grado di giudizio" ma "deve prendersi atto che in nessuno dei casi si è trattato di una imputazione scevra da un adeguato sostegno probatorio" e ricorda che nel 2014 l’allora ad di Ferrotramviaria "preferì proporre alla Regione Puglia la riduzione dei finanziamenti destinati alla realizzazione del blocco automatico", da 7 a 3 milioni di euro, "da dirottare all’acquisto di 4 elettrotreni"

Lo scontro tra i due treni del 12 luglio 2016 sulla tratta Andria-Corato non fu determinato da una fatalità, ma dalla “consapevole violazione” delle norme volte alla “sicurezza dell’esercizio ferroviario e quindi della incolumità di utenti, lavoratori e terzi”. Con una decisione insolita, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Trani, Angela Schiralli, scrive un corposo provvedimento per ‘motivare’ il rinvio a giudizio di tutti gli imputati – 17 dirigenti e dipendenti della società Ferrotramviaria e del Ministero dei Trasporti e la stessa società – accusati del disastro ferroviario avvenuto sulla tratta a binario unico con blocco telefonico Andria-Corato che causò la morte di 23 persone.

In un’ordinanza di 25 pagine, il gup ripercorre le ipotesi accusatorie, spiegando che “l’udienza preliminare non è un quarto grado di giudizio” ma “deve prendersi atto che in nessuno dei casi si è trattato di una imputazione azzardata ovvero scevra da un adeguato sostegno probatorio”, rinviando comunque al giudice del dibattimento l’accertamento della fondatezza delle accuse. “Certo gli imputati non possono andare prosciolti – scrive Schiralli – sull’assioma che nessun sistema di controllo è sicuro. Il processo tende ad accertare proprio questo: se si poteva evitare l’incidente e cosa si doveva fare per evitarlo”.

Con riferimento ai dirigenti di Ferrotramviaria imputati, il giudice scrive che i vertici aziendali, ai quali “spettano i doveri di vigilanza, controllo e intervento diretto sulle situazioni” di rischio, erano “perfettamente consapevoli” essendosi “verificati situazioni di pericolo di collisione o tamponamento tra convogli nell’ultimo decennio”. Incidenti sfiorati che, tuttavia, non hanno indotto a pianificare “l’adozione di soluzioni alternative al blocco telefonico”. Anzi, il giudice ricorda addirittura che nel 2014 l’allora amministratore delegato di Ferrotramviaria “preferì proporre alla Regione Puglia la riduzione dei finanziamenti destinati alla realizzazione del blocco automatico”, da 7 a 3 milioni di euro, “da dirottare invece all’acquisto di quattro elettrotreni”.

Con riferimento alla posizione di capistazione e capotreno, coloro che materialmente avrebbero commesso l’errore che determinò lo scontro tra i due treni, il giudice parla di “abitudinaria omissione nell’eseguire i controlli basilari e nell’applicare i protocolli previsti dal regolamento per l’incrocio fra treni su binario unico con regime di blocco telefonico”. Mentre riguardo ai due funzionari del ministero delle Infrastrutture, il giudice per l’udienza preliminare parla di “inerzia” nella vigilanza alla quale erano chiamati.