Cultura

Quattro mezze cartelle / 23: Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta

Proposta editoriale numero 23. Ricordo le modalità per inviare:
Titolo. Poi quattro mezze cartelle e cioè: Un incipit di 1000 battute, un brano scelto dall’autore di 1500 battute, altre 1000 battute per la biografia, 1000 battute infine di un’ipotetica quarta di copertina. In totale quindi 4500 battute spazi inclusi. Inviare a 4mezzecartelle@gmail.com.

Buona lettura, adesso, con questa proposta che arriva dalla Svizzera.

Incipit – Dalla scheda di:
Matt Stehnermeier detto Nitro (Locarno, 3 novembre 1965)

Non ammazzò mai nessuno, ma sarebbe potuto capitare. La volta che ci arrivò più vicino fu quando, in preda a una stizza di nervi, Matt scagliò un grosso sasso contro un tizio colpendolo dietro la nuca. Fu un errore: di solito usava solo i pugni. Quello cadde a faccia in giù come un corpo morto. Le reazioni dei presenti si congelarono all’istante. Restarono tutti immobili fino a quando la voce di una ragazza urlò spezzando il fiato di chi lo stava trattenendo: “Matt! L’hai ammazzato, cazzo! Andiamocene! Dài…”. Ma Matt non si mosse. Voleva prima vederlo rialzarsi. Doveva muoversi. Quella volta, Matt ebbe paura. Poi, però, il tizio riuscì a riprendersi. Grondava di sangue, ma tutto sommato non era morto.

(…) Matt fu una giovane promessa della boxe ticinese degli anni Ottanta. Non ancora maggiorenne aveva già disputato cinque incontri di cui tre vinti. Le sue carte migliori: ottima preparazione atletica, agilità e buona tecnica innata. A incassare bene, invece, lo imparò nei primi anni di vita grazie a sua madre che aveva il ceffone facile.

Un breve estratto – Dalla scheda di: Gabriele Rinoldi detto Il corvo (Locarno, 14 gennaio 1967)

Solitario. Severo. Sinistro. Silenzioso. Saggio a modo suo. Sempre presente sui campi di battaglia, non ha mai partecipato a una rissa. Non in Ticino. Osservava senza espressioni e attendeva fino a quando non se ne fosse andato l’ultimo picchiatore. Quello che accadeva dopo, tra lui e le vittime del pestaggio, nessuno lo ha mai scoperto. Qualcuno dice che senza tante parole, ma con molta gentilezza li aiutasse a rialzarsi e poi li riaccompagnava a casa, ovunque vivessero. Quasi fosse davvero un traghettatore di anime. Gabriele Rinoldi, detto “il corvo”, suscita ancora oggi riverenza. La sua fama di picchiatore si rifà più che altro a un evento leggendario che lo avrebbe visto protagonista, ma di cui in nessun archivio abbiamo trovato riscontri o conferme. Di certo perché avvenne all’estero, quando aveva l’età di quindici anni e fu mandato a Londra. (…)

Il corvo fece la sua comparsa nell’ambiente giovanile del Locarnese verso la fine degli anni Ottanta (…) Comparve così, come se fosse sempre esistito, anche se nessuno sapeva chi fosse davvero (…) Gabriele era, e a dirla tutta lo è ancora oggi, una figura spettrale, molto dark, con un cadaverico pallore in volto e il sorriso molto serio. All’epoca usava disegnarselo con dell’inchiostro nero sbavato. Non lo chiamavano però corvo solo per questo suo aspetto funereo (…) bensì per il fatto che si appollaiava, immobile, ai lati della rissa, dove restava a fissare i picchiatori in azione. Era un giovane tutto nervi, pochi muscoli. E si dice che la sua calma presenza intimorisse anche i più audaci e aggressivi.

Quarta di copertina

Sono qui raccolte le schede biografiche di giovani picchiatori che all’epoca tennero banco nel Canton Ticino e nei Grigioni italiani: ogni protagonista è simbolo di un fenomeno che in quegli anni pareva circoscritto agli ambienti metropolitani, mentre non risparmiò le periferie, anche quelle meno probabili. In questo breve trattato si trovano le schede di capibranco, gregari, picchiatori liberi e le gang della Svizzera italiana. Non solo catalogo narrativo, ma anche intreccio narrativo, quello delle storie di un’adolescenza turbolenta vissuta in un paese ancora troppo spesso ritenuto “luogo tranquillo dove tutti stanno bene, dove c’è ordine e dove si vive pacificamente”. Un tipo di libro che – sebbene non osi aspirare a tali vertiginosi ingegni – ha una progenie di tutto rispetto, basti pensare a Falene. 237 vite quasi perfette di Eugenio Baroncelli; oppure a La letteratura nazista in America di Roberto Bolaño; a Vite di uomini non illustri di Giuseppe Pontiggia; a Vite brevi di idioti di Ermanno Cavazzoni, eccetera.

Note sull’autrice

Nata nel ’71 a Locarno, Manuela Mazzi è caposervizio presso il settimanale svizzero apolitico e aconfessionale Azione, per il quale lavora dal 2003. Proprio nel 2003 ha iniziato a studiare, sperimentare, ricercare, esercitare la scrittura di narrativa. Ha frequentato la Bottega di narrazione – 2015/2017 di Milano sotto la guida di Giulio Mozzi (coadiuvato da Gabriele Dadati) e sta seguendo dal mese di ottobre 2017 il laboratorio di editing Apnea di Francesca de Lena. Sono due al momento i manoscritti in cerca di editore, Il trattato sui picchiatori, oggetto di queste quattro mezze cartelle, e un romanzo psicologico intitolato Il camaleonte viola. È inoltre un ex quadro della nazionale italiana di karate (Fesik).

E-mail: info@manuelamazzi.ch o mmazzi@hotmail.com