Scienza

Influenza, per guarire non servono vitamina C o agrumi. E nemmeno tenere una castagna in tasca

Sta per arrivare l’inverno e in Italia il 61% delle persone, non appena il naso “cola” o al primo colpettino di tosse che fa sospettare l’arrivo dell’influenza, inizia a mandare giù spremute di agrumi a go-go, kiwi, pillole di vitamina C, polline delle api e qualsiasi diavoleria sia stata venduta come miracolosa per rafforzare le difese immunitarie. La tendenza sta conoscendo un vero e proprio boom e così si va sempre più affermando il mito della vitamina C. Com’è potuto capitare? I motivi sono due.

In primis, le tradizioni popolari che sono uno scrigno di rimedi miracolosi, ritenuti rigorosamente naturali. Anche se viviamo in un periodo in cui i farmaci allopatici e la scienza fanno da padroni, c’è un gran numero di persone che crede, senza se e senza ma, nella medicina naturale e nelle proprietà curative di alcuni frutti: chi non si è sentito dire “una mela al giorno toglie il medico di torno” e un po’ dentro di sé ci ha anche creduto? C’è addirittura chi tiene in tasca una castagna d’india o “di cavallo” (il frutto tossico dell’ippocastano e non del castagno) per tutto l’inverno. La ragione? È convinto di tenere alla larga il raffreddore. Ne è così convinto che la regala anche ad amici e parenti. Tutti, però, trascurano un altro detto della nonna: “Il raffreddore se curato dura sette giorni, se non curato una settimana”.

Poi, ed è di sicuro la ragione più importante, gran parte della disinformazione prende il via (magari anche senza saperlo) dalle considerazioni di uno scienziato assai noto. Si tratta del premio Nobel Linus Pauling, arciconvinto che la vitamina C, 3mila mg al dì – il National Institute of Health, Stati Uniti, suggerisce di non assumerne oltre 2mila mg al giorno – fosse una cura miracolosa non solo per le malattie da raffreddamento ma anche per una grande varietà di disturbi. Sulla vitamina C scrisse anche un libro: La vitamina C e il comune raffreddore. Pauling non è più fra noi ma il falso mito creato, nonostante le continue smentite della ricerca, continua a persistere, anzi cresce costantemente il numero di quelli che sono convinti della sua teoria. Ammontano ormai a milioni in tutto il mondo.

Ora non c’è dubbio che la vitamina C nella sua forma naturale, nelle spremute di agrumi, sia importante per la nostra salute (aiuta a rinforzare le difese immunitarie), ma ha effetti prossimi al placebo per il raffreddore. E non mancano le voci autorevoli dal campo della ricerca, fra queste si segnala un’indagine della Cochrane (Rete globale indipendenti di ricercatori nel campo della scienza) che ha preso in esame 30 diversi studi su persone col raffreddore che assumevano una dose quotidiana di vitamina C. Che cosa ha riscontrato? Che c’è una diminuzione della durata media di circa l’8%. Ebbene, ciò significa che se il raffreddore dovesse durare cinque giorni si potrebbe, al massimo, accorciarlo di circa dieci ore, ma mai curarlo.

A questo punto si potrebbe pensare che siano i produttori di vitamine che cercano di convincerci ad acquistare più pillole e che l’industria del settore stia cercando di ingannarci. Ma senza essere così malevoli, un fatto è certo: gli agrumi, dato il loro contenuto elevato di vitamina C, sono importanti per rinforzare la nostra salute, ma non sono in grado, se non molto limitatamente, di farci passare il fastidioso raffreddore.