Politica

8 dicembre, manifestazioni Lega e no Tav: due piazze per tre Italie

di Andrea Masala

Martedì Matteo Salvini ha fatto un salto di qualità: ha attaccato Confindustria e Magistratura, ossia le due istituzioni maggiormente rappresentative delle ultime constituency reali dei passati centrosinistra italiani. Attaccando loro si schiera ancora più apertamente con piccola e media impresa del Nord e con gli organi di Polizia. Piccola-media impresa familiare diffusa contro grande impresa (familiare anch’essa…) sussidiata, Polizia contro Magistratura. Segna un solco, ricalca la separazione reale: grandi banchieri in fila alle primarie del Pd contro padri di famiglia spaventati e tartassati che chiedono un po’ più libertà di evasione e di sparare a chi gli attenta la proprietà.

Sabato a Roma il suo popolo scende in piazza. Ma sabato a Torino scendono in piazza anche i No Tav. I 5s non saranno in piazza con Salvini ma con i No Tav, Salvini e la Lega erano invece in piazza con le madamine Pro Tav a Torino.

Una rappresentazione plastica di questo governo: un’alleanza formale ma in realtà una grande coalizione di fatto in cui ognuno è opposizione reale dell’altro. Un’opposizione, in mancanza di quelle sociale e politica esterne, interna alla stessa alleanza, allo stesso contratto.

Sabato le due piazze esprimeranno le due anime di questo governo, con una grande differenza: Salvini e la Lega sono perfettamente organici alla loro piazza, la quale a sua volta si sente pienamente rappresentata dall’impianto politico leghista e vogliosa di prendersi il resto del centrodestra.

I 5s invece nella piazza di Torino ci staranno con le loro mille contraddizione e ambiguità, con quel carattere anfibio che è la loro principale fortuna e il loro principale limite.

Da una parte un soggetto maturo e consapevole delle sue appartenenze “di classe” e del suo progetto politico, dall’altra un soggetto molto meno definito anche se capace di farsi portavoce o almeno ricettore di diverse ingiustizie sociali. Che le loro rispettive piazze, che i loro rispettivi popoli non si saldino è un bene: la saldatura tra questione sociale e questione nazionale è uno dei più grandi pericoli che abbiamo davanti in Europa.

Nel frattempo il Pd si occupa, come sempre, di se stesso. Primarie, candidati, correnti. E nulla dice di quelle due piazze di sabato.

O meglio: quasi nulla. Se riguardo la piazza di Salvini non trova di meglio che il solito giochetto dei meme con “io non ci sarò” che come al solito ottiene l’effetto contrario a quello desiderato, riguardo quella NoTav ha già risposto stando nella precedente piazza ProTav insieme alla Lega ma in modo più convinto e strategico, addirittura evocando un nuovo spirito dei “40.000”, ossia la manifestazione con la quale si chiuse il lungo ciclo di lotte operaie e si sancì l’inizio della lunga crisi del Pci.

Ma nel Pd non ci sono solo questi dirigenti più realisti di ogni re: un sondaggio effettuato tra soli elettori del Pd rileva che quasi il 55% sarebbero favorevoli a intese coi 5s in caso di caduta di questo governo. Quello che non dicono i candidati alle primarie, sono costretti a dirlo gli elettori…