Società

Insetti, quattro italiani su dieci sono pronti a mangiarli. È il tramonto dell’Occidente

Insetti, quattro italiani su dieci sono pronti a mangiarli“. Così dicono i sondaggi, almeno sembra. Quel che non dicono, ovviamente, è che questa magnifica libertà, che porterà quattro italiani su dieci a mangiare vermi scaturisce, come sempre accade nel mondo capitalistico, dalla costrizione economica. E ciò secondo l’usuale teorema della liberal-liberista illibertà del mercato: nessuno ti costringerà a mangiare insetti, ma dovrai farlo. La tua libertà astratta di mangiare insetti si convertirà in concreta coazione a mangiarli: sarà la tua condizione economica a decretarlo.

Secondo voi, i quattro italiani su dieci che sono pronti a mangiare insetti perché lo sono? Per scelta di raffinato gusto? O, invece, per coazione socio-economica (banalmente, perché non possono scegliere realmente, per via delle loro condizioni economiche)? Tra il tartufo d’Alba e la larva sott’olio voi cosa scegliereste?

Ecco, una volta di più, il vero volto della mondializzazione: che produce merci sfavillanti di ogni tipo e, insieme, ci costringerà a mangiare i vermi, come sempre presentando sciagure e nefandezze come chances emancipative. Oltre all’aspetto economico legato agli “interessi materiali” di marxiana memoria, v’è quello culturale connesso alle identità dei popoli e degli individui. Il politicamente corretto (che è sempre anche eticamente corrotto) produce un suo regime di verità erotico (l’eroticamente corretto, genderista, plusgaudente e liberal-libertario), ma poi anche un suo regime di verità enogastronomico. Lo qualifico come il gastronomicamente corretto.

Il pensiero unico politicamente corretto viene servito insieme, dai pedagoghi del turbomondialismo sradicato e sradicante, al piatto unico gastronomicamente corretto, uguale da Tokio a Nuova York, da Berlino a Pechino: vermi, larve e prodotti vegani per uomini svirilizzati a mondialismo integrale produrranno lo sradicamento culinario dell’uomo europeo, riducendo l’alimentazione – che è gesto culturale – alla mera materialità amorfa del mangiare, dell’ingerire cibo post-identitario e senza qualità.

Verranno abolite le carni, che fanno dell’uomo un essere virile e in relazione con la sua tradizione storica, e tutti i prodotti gastronomicamente scorretti, cioè densi di identità e di storia, di cultura e di radicamento. Promossi saranno solo i centri nevralgici della mondializzazione enogastronomica, come le caffetterie americane – che per caffè spacciano imbevibili intrugli mondialisti – e i fast food atlantisti, che colonizzano il palato e distruggono i fegati.

Insomma, lo scenario è apocalittico anche sul piano gastronomico. È il tramonto dell’Occidente. Una civiltà che morirà mangiando vermi. E i padroni del discorso lo chiamano progresso. Il presidente Mao diceva che la rivoluzione non sarebbe stata un pranzo di gala. Fosse ancora vivo, direbbe che nemmeno la mondializzazione lo è.